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I modelli di business circolari nel fashion e il rischio di rebound effect

Negli ultimi decenni la quantità di capi d’abbigliamento prodotti nel settore moda è notevolmente aumentata, insieme ai rifiuti generati.

Per via del calo dei costi e del conseguente aumento dell’offerta di capi a basso prezzo, il numero di capi acquistati pro capite nello stesso arco temporale è aumentato di circa il 60%.

Allo stesso tempo, tra il 2000 e il 2015 il numero di volte in cui un capo viene indossato prima di essere gettato è diminuito del 36%.

I modelli di business circolari hanno la potenzialità di invertire questi trend senza compromettere la crescita economica del settore.

Infatti, l’adozione dei modelli di business circolari nel fashion (noleggio, rivendita, riparazione e rifabbricazione) consentono, da un lato, di ridurre la produzione di nuovi capi, portando a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e, dall’altro, di sviluppare nuovi fonti di ricavi; entro il 2030, si stima che questi modelli di business avranno un valore di 700 milardi di dollari, il 23% del mercato globale della moda.

Tuttavia, l’implementazione di pratiche di sostenibilità e circolarità richiede una valutazione sistemica che consenta di analizzare tutti i possibili fattori in grado di influenzare positivamente o negativamente i benefici ambientali che le strategie di economia circolare possono offrire.

Il rebound effect nell’economia circolare: di cosa si tratta?

 

Il rebound effect si verifica nel momento in cui non si raggiungono i risultati previsti da una strategia di sostenibilità (in questo caso di economia circolare). 

In particolare siamo in presenza di CER (Circular Economy Rebound) se il miglioramento dell’eco-efficienza di un sistema produttivo è compensato da risposte sistemiche esterne (ad esempio cambiamenti comportamentali dei consumatori, dei produttori, problemi logistici, ecc).

Un caso comune di rebound effect riguarda il mercato dell'energia: quando l'efficienza energetica migliora, diminuiscono i prezzi e, allo stesso tempo, aumenta la domanda, portando a un maggiore consumo netto di energia (e peggiori risultati ambientali).

L'industria della moda è molto vulnerabile al fenomeno del CER, ma possiede anche gli strumenti per evitarlo.

Per evitare il CER nel settore moda, è necessario attuare azioni e pratiche in grado di ridurre il tasso di produzione e consumo, progettando capi longevi e mantenendo il più a lungo possibile in circolo materiali e prodotti.

La comprensione del rebound effect potrebbe incentivare la crescita di azioni realmente sostenibili senza sovrastimare i benefici ambientali offerti dalle pratiche implementate in azienda.

Per rendere possibile ciò è necessario analizzare tutti i fattori che possono influenzare positivamente o negativamente gli impatti ambientali generati dalle strategie di economia circolare nel settore moda.

Ciò è possibile attraverso il Life Cycle Assessment (LCA), una metodologia che consente di valutare i potenziali impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio nel suo intero ciclo di vita. 

Il Life Cycle Assessment per individuare il rischio del rebound effect
 

Come anticipato in precedenza, l’implementazione di pratiche di economia circolare in azienda può garantire diversi benefici ambientali. La valutazione degli impatti ambientali delle nuove strategie di circolarità, però, deve essere effettuata considerando tutti quei fattori che potrebbero provocare il rebound effect.

Uno di questi fattori si riferisce alla mancata considerazione e comprensione dei cambiamenti comportamentali da parte dei consumatori in seguito all’attuazione di pratiche di economia circolare da parte delle aziende. 

A tal proposito uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Environmental Research Letters ha confrontato, mediante la metodologia Life Cycle Assessment (LCA), il contributo alla categoria di impatto Global Warming Potential (GWP) o Potenziale di Cambiamento Climatico di 5 diversi scenari sulla gestione del fine vita di un paio di jeans. 

Lo studio si è focalizzato esclusivamente sulla categoria di impatto GWP escludendo altre categorie come: uso di acqua, di sostanze chimiche tossiche e produzione di rifiuti. 

Tale scelta ha consentito di effettuare confronti tra gli scenari studiati.

Tali scenari sono:

  • Base: l’utente acquista un nuovo paio di jeans e, dopo l’utilizzo del capo in un certo periodo di tempo, lo conferisce a un impianto di termovalorizzazione
  • Reduce: l’utente prolunga l’utilizzo del paio di jeans acquistato. In questo scenario i benefici ambientali si ottengono dalla mancata realizzazione di nuovi prodotti
  • Reuse: l’utente rivende il capo di abbigliamento in un negozio dell’usato che consente di rallentare il ciclo di consumo e di ridurre la produzione di nuovi prodotti
  • Recycle: il capo di abbigliamento è sottoposto a processi di trasformazione industriale in materie prime seconde. Ciò comporta una riduzione del tasso di utilizzo di materie prime vergini;
  • Share: lo stesso paio di jeans viene noleggiato da più utenti durante il suo ciclo di vita.

Lo studio è stato condotto con l’obiettivo di analizzare il fenomeno del rebound effect negli scenari precedentemente elencati, al fine di individuare le specifiche aree in cui devono aver luogo cambiamenti comportamentali per ridurre l'impatto complessivo sul GWP dell’industria del fashion.

In tutti gli scenari, è stato ipotizzato un utilizzo da parte dell’utente del paio di jeans pari a 200 volte. A differenza degli altri scenari, nel caso dello scenario Reduce, non sono stati considerati gli impatti derivanti dal processo di produzione e consegna, ipotizzando che, dopo 200 utilizzi, il paio di jeans sia ancora in buoni condizioni e indossabile ulteriormente dall’utilizzatore.

Reduce e reuse, i business model che maggiormente riducono il rischio di rebound effect


Lo studio preso in esame è importante per fornire una panoramica sui benefici ambientali garantiti dalle pratiche di economia circolare nel fashion e tutti i fattori che devono essere considerati per evitare il rebound effect. 

I risultati dell’analisi suggeriscono che lo scenario Reduce consente di ridurre il GWP al minimo, seguito dallo scenario Reuse. 

In generale, i risultati dello studio indicano che le pratiche di economia circolare che consentono di estendere il ciclo di vita di materiali e prodotti (reduce e reuse) sembrano avere un GWP molto inferiore rispetto alle altri scenari (recycle e share).

Il rischio di rebound effect aumenta per quanto riguarda gli scenari recycle e share.

Per quanto riguarda il riciclo, infatti, se da un lato è evitato l’impiego di materie prime vergini, dall’altro lato i processi di trasformazione industriale in materie prime seconde dei capi d’abbigliamento arrivati al termine del loro ciclo di vita generano elevate emissioni.

Lo scenario Share riesce a intensificare il tasso di utilità di un prodotto, ma c'è un alto rischio che aumenti la mobilità dei consumatori, che si tradurrebbe in elevate emissioni extra. In questo caso, il GWP totale complessivo potrebbe essere addirittura superiore a quello dello scenario base.

Tuttavia, per lo scenario share sono presenti le maggiori incertezze analitiche. Per questa ragione è stata condotta un’analisi di sensitività in cui sono stati definiti 3 tipologie di scenari:

  • Share A: i jeans sono usati 400 volte invece di 200 volte;
  • Share B: l’utente utilizza mezzi di trasporto a basse emissioni di carbonio, come una bicicletta, per raggiungere lo store che offre servizi di noleggio;
  • Share C: illustra l'effetto combinato degli scenari Share A e Share B.

Dall’analisi di sensitività emerge che se si raddoppiano le volte in cui si utilizza il capo d’abbigliamento (da 200 a 400) e se l’utente impiega mezzi di trasporto a basse emissioni, soprattutto se lo store si trova relativamente vicino al consumatore, lo scenario share C può raggiungere approssimativamente lo stesso livello di GWP dello scenario reuse.

Si sottolinea che i risultati dipendono dalle assunzioni fatte (numero utilizzi del capo, tecnologia di riciclo, impatto di produzione del capo, etc) - i risultati dello studio non devono quindi essere presi come validi in assoluto, ma più come dimostrazione dell'importanza di fare analisi approfondite prima di definire la strategia migliore di riduzione dell’impatto ambientale.

Conclusioni

 

Il settore moda presenta diverse criticità ambientali ma, fortunatamente, esistono soluzioni in grado di affrontarle.

Tra queste rientrano le pratiche di economia circolare, su cui, però, può esserci il rischio di rebound effect, che potrebbe fortemente limitare i vantaggi ambientali offerti da una “pratica circolare”.

Per analizzare il rischio di rebound effect e la reale sostenibilità delle pratiche di economia circolare nel fashion è necessario valutare tutti quei fattori che ne possono limitare i potenziali benefici ambientali.

Secondo lo studio, il modo più efficace per mitigare gli impatti ambientali del settore, corrisponde all’adozione di strategie di “reduce” e “reuse”, mentre per quanto riguarda lo scenario “share”, esso può garantire dei benefici ambientali rispetto allo scenario base solo se si considera un tasso di utilizzo più elevato, il trasporto dei consumatori mediante mezzi a basse emissioni e, dunque, la relativa vicinanza dello store rispetto ai clienti.

Cambiando le assunzioni cambiano i risultati, e questo ci dimostra come la sostenibilità sia un tema complesso e che richiede analisi approfondite per definire la strategia migliore in termini di impatti ambientali e crescita economica.

Per questo motivo noi di  Cikis offriamo competenze multidisciplinari, per supportare la tua impresa nella definizione di una strategia di circolarità ad hoc.

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Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

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