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La simbiosi industriale: come può aiutare la transizione verso la moda circolare?

L'economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica la condivisione, il riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti, mantenendoli in circolazione il più a lungo possibile. In questo modo, si estende il ciclo di vita dei prodotti e si contribuisce a ridurre al minimo i rifiuti.

Si tratta di un modello di sviluppo che affronta sfide globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, i rifiuti e l'inquinamento e si fonda su 3 principi:

  • Eliminare rifiuti e inquinamento
  • Estendere la vita utile di materiali e prodotti
  • Rigenerare le risorse naturali 

I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare fondato sul tipico schema “take-make-use-dispose”, che dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo.

Il modello economico circolare rappresenta quindi uno strumento valido ed efficace per mitigare gli impatti ambientali associati al settore tessile e moda, che è responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio.

Uno dei principali strumenti a sostegno dell’economia circolare nel settore moda (e non solo) è la simbiosi industriale, che prevede la creazione di una rete di imprese che operano in settori simili o differenti tra loro, al fine di favorire lo scambio di sottoprodotti e scarti di produzione, evitando di smaltirli in discarica e valorizzandoli come nuove risorse da riutilizzare nei processi produttivi.

La simbiosi industriale: di cosa si tratta?

 

Per simbiosi industriale si intende il trasferimento di risorse tra due o più industrie diverse, intendendo con “risorse” non solo i materiali (come i sottoprodotti), ma anche le risorse energetiche e/o idriche, i servizi, le infrastrutture, le informazioni e le competenze.

La simbiosi industriale, attraverso il trasferimento di risorse di scarto in esubero o sottoutilizzate da un'industria a un'altra, consente di conseguire benefici economici e ambientali derivanti dal mancato smaltimento dei rifiuti e dal consumo evitato di materie prime vergini. La simbiosi industriale consente perciò di ottenere soluzioni di tipo “win-win”, in cui tutti gli attori coinvolti possono trarre vantaggio dalle reciproche interazioni.

Uno dei progetti di simbiosi industriale realizzati in Italia è rappresentato dal Primo Macrolotto di Prato. Il progetto coinvolge aziende del settore tessile e moda e mira alla valorizzazione e al riutilizzo di risorse idriche. 

Il Macrolotto è dotato di un acquedotto industriale gestito da G.I.D.A. S.p.A. e  alimentato da un impianto centralizzato di riciclo delle acque reflue. Nel 2016 Confindustria Toscana Nord e Gida hanno stipulato un accordo al fine di strutturare una campagna analitica per il monitoraggio della qualità delle acque dell'acquedotto industriale.

Nella parte nord dell’impianto, attraverso tre condotte fognarie, giungono le acque reflue prodotte dai cittadini e dalle industrie di Prato. I reflui provengono per il 20% da utenze civili, mentre la parte restante proviene da utenze industriali e sono fortemente caratterizzati dalla presenza di detergenti, oleanti tessili (olii emulsionabili, utilizzati per lubrificare i macchinari e le fibre in lavorazione), coloranti (prevalentemente di natura organica), e da particelle solide sospese (soprattutto pelurie e piccoli frammenti di fibra di lana residui delle lavorazioni).

II recupero delle acque da riciclare avviene sostanzialmente attraverso filtrazione su sabbia/antracite e su carbone attivo

L’acqua, giunta così al termine del processo di depurazione può essere in parte reimmessa nel sistema idrico superficiale, mentre una parte viene inviata all’impianto di ulteriore trattamento tramite biofiltrazione per il suo riutilizzo industriale.

L’impianto centralizzato di riciclo delle acque reflue è in grado di produrre oltre 5.000.000 mc/anno di acqua riciclata, che viene impiegata per diverse finalità:

  • Nel ciclo produttivo delle aziende tessili operanti nel 1° Macrolotto
  • Come presidio centralizzato antincendio
  • Per tutti i servizi igienici del più grande centro direzionale realizzato in quest’area

Altre iniziative di simbiosi industriale hanno coinvolto il distretto conciario di S.Croce sull’Arnoche rappresenta la più grande area di produzione della pelle in Italia, producendo il 35% di pelle conciata e il 98% del cuoio da suola.

Nel cluster, operano circa 600 aziende attive nel settore conciario, per un totale di circa 6.000 dipendenti (la maggior parte delle quali con meno di 12 dipendenti). La destinazione finale principale della pelle finita prodotta a Santa Croce sull'Arno è il settore calzaturiero.

All’interno del cluster sono state attivate le seguenti iniziative “collettive”:

  • Impianto di trattamento delle acque reflue di Aquarno S.p.A.: ogni anno l'impianto riceve circa 3.600.000 m3 di acque reflue industriali e circa 1.000.000 m3 di acque reflue urbane
  • Impianto Ecoespanso (Aquarno): l'obiettivo principale dell'impianto è quello di recuperare i fanghi provenienti dall'impianto di trattamento delle acque reflue di Aquarno, i quali vengono convogliati attraverso una specifica tubazione. La capacità di trattamento è di circa 100-120.000 tonnellate all'anno e il fango trattato viene recuperato come materiale inerte
  • Consorzio Recupero Cromo (Aquarno): una società privata composta da 240 aziende aderenti provenienti da tutto il distretto. Queste aziende inviano al consorzio rifiuti liquidi contenenti cromo per l'estrazione del metallo. Il cromo recuperato viene poi restituito alle aziende originali, che lo riutilizzano direttamente nei loro processi di concia. L'impianto può produrre oltre 21.000 kg di solfato di cromo basico al giorno.
  • Consorzio S.G.S. Spa (impianto di recupero carniccio e rasature): una società privata composta da 230 concerie associate. L'impianto trasforma giornalmente circa 200 tonnellate di sottoprodotti di origine animale provenienti dalla lavorazione delle pelli, producendo fertilizzanti
  • Impianto di trattamento delle acque reflue di Cuoiodepur: si tratta di un secondo impianto di trattamento delle acque reflue che riceve circa 1.700.000 m3 di emissioni di acqua industriale all'anno e recupera i suoi fanghi come fertilizzanti.

Per valutare i benefici ambientali delle iniziative di simbiosi industriale nell’industria conciaria, è stato condotto uno studio Life Cycle Assessment “dalla culla al cancello”, che ha valutato gli impatti ambientali dall'allevamento degli animali fino alla produzione di pelle conciata presso il cluster di S.Croce sull'Arno. L’unità funzionale considerata è stata di 1m2 di pelle conciata prodotta nel cluster di S.Croce sull'Arno. L’obiettivo dello studio è stato quello di confrontare due diversi scenari:

  • Scenario 1: in cui le iniziative di simbiosi industriale sono state implementate (cioè lo scenario attuale)
  • Scenario 2: uno scenario ipotetico in cui le iniziative di simbiosi industriale sono meno adottate.

Dallo studio è evidente che le iniziative di simbiosi industriale hanno migliorato tutte le categorie di impatto ambientale considerate. I principali benefici ambientali sono stati ottenuti nella categoria di impatto "cambiamento climatico", con un miglioramento del 21,87% e una riduzione assoluta di circa 4,3 kg di CO2 equivalente per m2 di pelle finita. La seconda categoria di impatto su cui sono stati individuati i migliori risultati è stata l'eutrofizzazione terrestre, con un miglioramento del 18,51%.

Tali dimostrano l’importanza delle iniziative di simbiosi industriale nel perseguire la mitigazione degli impatti ambientali associati alle attività industriali del settore moda e non solo.

Quali sono i benefici e i punti di debolezza della simbiosi industriale?

 

La simbiosi industriale può condurre all’ottimizzazione dei processi industriali, al miglioramento della logistica e favorire il trasferimento di conoscenze, aumentando conseguentemente la produttività di tutte le risorse disponibili e generando vantaggi economici, ambientali e sociali come:

  • Riduzione dei costi delle materie prime, dell'energia e dello smaltimento dei rifiuti
  • Sviluppo di nuove opportunità di mercato
  • Ottimizzazione dell’uso delle risorse
  • Riduzione della pressione sull’ambiente e delle emissioni inquinanti
  • Eliminazione dello smaltimento degli scarti in discarica 
  • Promozione di un cambiamento culturale incentrato sull'economia della condivisione

Esistono, però, alcune barriere che possono limitare la diffusione delle iniziative di simbiosi industriale:

  • Barriere normative: le leggi e i regolamenti governativi possono rappresentare ostacoli allo sviluppo di progetti di simbiosi industriale tra le aziende (vedi le condizioni per le quali un residuo può essere considerato un sottoprodotto anziché un rifiuto, che spesso causano confusione tra i produttori
  • Barriere economiche: per riutilizzare i sottoprodotti di altre imprese, le aziende possono dover affrontare investimenti notevoli in nuove tecnologie e infrastrutture
  • Barriere tecnologiche: il recupero e il riutilizzo dei sottoprodotti possono risultare problematici a causa dell’assenza di tecnologie appropriate
  • Barriere informative: spesso le aziende non sono a conoscenza dei sottoprodotti disponibili sul mercato e potenzialmente riutilizzabili
  • Barriere culturali: molte aziende considerano gli scarti e i sottoprodotti come un problema da risolvere anziché come una nuova risorsa. La scarsa conoscenza dei potenziali benefici derivanti dalla valorizzazione dei sottoprodotti è una delle principali barriere allo sviluppo della simbiosi industriale.

Case study di aziende del settore tessile e moda che hanno fondato il loro business sulla simbiosi industriale

 

Sono diverse le aziende del settore tessile e moda che hanno basato il proprio business sui principi della simbiosi industriale, tra cui:

  • Orange Fiber: azienda Italiana che produce tessuti a partire dai sottoprodotti degli agrumi. Utilizzando i residui dell'industria degli agrumi, ovvero tutto ciò che rimane dopo la produzione di succhi e che altrimenti dovrebbe essere smaltito con costi economici e ambientali, Orange Fiber produce tessuti di alta qualità per il segmento moda-lusso
  •  Vegea: azienda italiana che riutilizza e trasforma la biomassa e i residui dell'agroindustria come in nuovi materiali per la moda, l'arredamento, l'imballaggio, l'automotive e i trasporti. In particolare, in collaborazione con cantine italiane, hanno sviluppato un processo per la valorizzazione degli scarti del vino: la vinaccia, composta da bucce, raspi e vinaccioli scartati durante la produzione del vino
  • Chiengora: la start-up Modus Intarsia ha sviluppato un nuovo tipo di filato ricavato dal sottopelo dei cani rimosso durante toelettatura. Questa materia prima spesso trascurata, ma abbondante, viene trasformata in un filato di alta qualità per applicazioni nella moda e nell'arredamento.

Conclusioni

 

Le iniziative di simbiosi industriale rappresentano una valida soluzione per favorire la transizione del settore tessile e moda verso una maggiore circolarità. Attraverso la valorizzazione dei sottoprodotti, infatti, le aziende possono evitare di utilizzare materie prime vergini e, allo stesso tempo, cedere i propri scarti alle imprese interessate al loro riutilizzo, riducendo i costi di smaltimento.

In questo modo, i progetti di simbiosi industriale possono garantire alle aziende diversi benefici di natura ambientale, economica e sociale.

Tuttavia, esistono diversi limiti normativi, sociali e tecnologici che ostacolano lo sviluppo di iniziative di simbiosi industriale tra le imprese.

Per superare tali barriere, è essenziale che le aziende che fanno parte del network collaborino congiuntamente, che ci sia chiarezza delle norme riguardanti la gestione dei sottoprodotti e un reale interesse della filiera nell'investire risorse umane e finanziarie per sostenere le attività di ricerca e sviluppo. In questo modo, si può incentivare lo sviluppo di progetti di simbiosi industriale.

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Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

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