Wait a few seconds...

We're redirecting you to the next page.

Cotone convenzionale, biologico, riciclato e proveniente da agricoltura rigenerativa: qual è la scelta più sostenibile?

La produzione del cotone con pratiche agricole tradizionali presenta diverse problematiche dal punto di vista ambientale.

Le principali criticità ambientali provocate dalla coltivazione del cotone “convenzionale” si possono riassumere nei seguenti punti:

  • Uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che impoveriscono il suolo e lo danneggiano
  • Elevate emissioni di CO2
  • Ingenti risorse idriche necessarie per la coltivazione

Per quanto riguarda il primo punto, la coltivazione del cotone rappresenta il 2,5% dei terreni arabili del mondo, ma allo stesso tempo richiede l’impiego del 16% dei pesticidi usati nell’agricoltura che rovinano il suolo e danneggiano la salute degli agricoltori che li utilizzano.

Si stima, inoltre, che la coltivazione del cotone richieda 200.000 tonnellate di pesticidi e 8 milioni di tonnellate di fertilizzanti sintetici ogni anno.

Mentre per quanto riguarda la seconda criticità ambientale, ovvero le emissioni inquinanti provocate da pratiche agricole convenzionali della fibra si stima che il consumo globale di cotone sia responsabile del rilascio di circa 220 milioni di tonnellate di CO2

Uno studio di Life Cycle Assessment (LCA) condotto sul cotone convenzionale (non biologico) ha concluso che, a livello globale, per 1 tonnellata di cotone tradizionale si emettono 1800 kg di CO2eq.

La produzione del cotone convenzionale richiede, inoltre, l’impiego di elevate risorse idriche necessarie per la coltivazione. Il 73% del cotone prodotto nel mondo proviene da terreni irrigati artificialmente e l’utilizzo di risorse idriche, come già anticipato, può risultare significativamente elevato.

La coltivazione del cotone convenzionale presenta, dunque, diverse criticità ambientali. 

Tuttavia, esistono diverse soluzioni alternative al cotone convenzionale che consentono di mitigare tali impatti.

Cotone a ridotto impatto ambientale

 

Come anticipato in precedenza esistono diverse soluzioni alternative al cotone tradizionale che presentano impatti ambientali notevolmente inferiori.

Tali soluzioni sono:

  • Il cotone biologico;
  • il cotone da agricoltura rigenerativa;
  • Il cotone riciclato.

Il cotone biologico


L'agricoltura biologica è un metodo agricolo che prevede l’utilizzo esclusivo di sostanze e processi naturali. 

La domanda delle aziende di cotone biologico è aumentata, al punto che l’offerta sta diventando insufficiente per soddisfare l’ampia richiesta di mercato.

La quota di mercato nel 2020, infatti, corrisponde solo allo 0,95% della produzione totale di cotone.

Dal lavoro condotto dal Fashion Industry Charter for Climate Action, “Identifying Low Carbon Sources of Cotton and Polyester Fibers” emerge una notevole incertezza sui benefici ambientali derivanti dalla coltivazione del cotone biologico.

La causa di tale incertezza corrisponde all’assenza dei risultati sulla salute del suolo e sulla sua capacità di sequestrare carbonio per un periodo di tempo prolungato.

Tuttavia, il cotone biologico risulta meno impattante del cotone convenzionale in alcune condizioni:

  • La coltivazione avviene in regioni con alte rese di cotone (al di sopra o alla pari delle rese del cotone tradizionale)
  • Vengono impiegate pratiche di raccolta tradizionali in condizioni di pioggia (richiedono basse risorse energetiche)
  • Viene utilizzato letame da bestiame di proprietà come fertilizzante

Per quanto riguarda i benefici economici, la coltivazione del cotone biologico richiede meno pesticidi e fertilizzanti chimici consentendo all’agricoltore di riuscire a rendere più sostenibile dal punto di vista economico la produzione.

A tal proposito, secondo l’Organic Cotton Accelerator, un consorzio di imprese e brand nato con l'obiettivo di supportare la diffusione del cotone biologico, gli agricoltori che hanno aderito all’OCA Farm Programme hanno ottenuto, in media, il 21% di profitto in più rispetto agli agricoltori locali che producono cotone convenzionale.

Le principali certificazioni che garantiscono la coltivazione del cotone con pratiche agricole biologiche sono:

  • GOTS (Global Organic Textile Standard): è una delle certificazioni più note e riconosciute nei mercati globali per garantire che le fibre tessili (di origine vegetale o animale) siano state coltivate con metodo biologico. I prodotti GOTS possono essere “biologici” con un minimo di 95% di fibre bio, oppure “fatti con materiali biologici” richiedendo almeno il 70% di fibre bio;
  • OCS (Organic Content Standard): è una certificazione promossa da Textile Exchange, una delle più importanti organizzazioni non-profit internazionali per lo sviluppo responsabile e sostenibile nel settore tessile. Il modello di certificazione OCS prevede l’utilizzo di due diverse tipologie di loghi a secondo del contenuto di fibre certificate nel prodotto: Organic Content Blended: se il tessuto contiene un minimo di fibra biologica corrispondente al 5% e un massimo pari al 94%; Organic Content 100: se il tessuto contiene almeno il 95% di fibra biologica fino a un massimo pari al 100%.

Il cotone da agricoltura rigenerativa 


L’agricoltura rigenerativa si può definire come l’insieme di pratiche in grado di aumentare la produttività del terreno, di ridurre la necessità di input esterni e di migliorare la salute del suolo. 

I principi a cui si ispirano sono: l'uso di colture di copertura, la rotazione delle colture, la rotazione del bestiame con le colture, la riduzione/eliminazione di fertilizzanti sintetici e pesticidi.  

Il miglioramento della salute del suolo reso possibile dall’aumento dei materiali organici impiegati aumenterebbe notevolmente la capacità del suolo stesso di sequestrare il carbonio da 1,76 a 2,46 tonnellate metriche di CO2eq per ettaro all'anno. 

Di conseguenza, l’agricoltura rigenerativa potrebbe potenzialmente contribuire alla mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra.

La quota di mercato del cotone coltivato con pratiche di agricoltura rigenerativa nel 2020 è più bassa di quella del cotone biologico, dal momento che corrisponde allo 0,01% della produzione totale di cotone.

La principale certificazione che assicura l’utilizzo di pratiche di agricoltura rigenerativa del cotone è la Regenerative Organic Certification (ROC). La certificazione è stata istituita nel 2017 ed è nata dall’unione di vari attori, agricoltori, organizzazioni no-profit e aziende. 

La certificazione ROC si concentra su 3 pilastri

  • Salute del suolo e gestione del territorio;
  • Benessere degli animali; 
  • Stabilità economica ed equità sociale degli agricoltori. 

Tale certificazione promuove un’agricoltura rigenerativa e biologica garantendo che non siano impiegati prodotti chimici che hanno impatti negativi sulla salute umana e sull’ambiente.

Per ottenere la Regenerative Organic Certification, un’azienda deve prima possedere un certificato di agricoltura biologica o comunque altre certificazioni accettate dal ROC, come la Demeter Biodynamic

A seconda del grado di implementazione di pratiche di agricoltura biologica e rigenerativa, l’azienda può raggiungere il livello bronze, silver o gold.

Il cotone riciclato

 

Il cotone riciclato può essere prodotto da scarti tessili pre e post-consumo. 

Il processo di riciclo del cotone può essere:

  • Meccanico: processo semplice ed economico ma causa perdita di qualità delle fibre durante il processo di riciclo;
  • Chimico: processo che consente di mantenere invariata o di migliorare la qualità delle fibre ma può richiedere l’impiego di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti per l’ambiente.

La quota di mercato del cotone riciclato nel 2020 corrisponde allo 0,96% della produzione totale di cotone.

Il cotone riciclato può garantire benefici ambientali rilevanti. Infatti, la produzione di cotone riciclato consente di evitare le fasi di coltivazione e sgranatura riducendo allo stesso tempo scarti e rifiuti che altrimenti finirebbero nelle discariche.

Ciò è confermato dal lavoro condotto dal Fashion Industry Charter for Climate Action, “Identifying Low Carbon Sources of Cotton and Polyester Fibers”, secondo cui il cotone riciclato meccanicamente rappresenta la soluzione più favorevole in termini di emissioni di carbonio.

Gli studi di diverse aziende confermano: Patagonia stima che il suo cotone riciclato meccanicamente consente di risparmiare l’80% di emissioni di gas serra rispetto al cotone convenzionale.

Per quanto riguarda i consumi idrici si stima che per 1 tonnellata di cotone riciclato è possibile risparmiare 765000 litri di acqua

Le principali certificazioni e standard di riferimento per i materiali riciclati e, dunque, anche per il cotone riciclato sono:

  • Global Recycle Standard: è il più importante standard internazionale volontario per i tessuti riciclati ed è promosso dalla non-profit Textile Exchange. Un prodotto può essere certificato Global Recycle Standard se è composto per almeno il 20% da materiali riciclati. Tuttavia, solo i prodotti composti da almeno il 50% di materiali da riciclo possono essere etichettati come GRS.
  • Recycled Claim Standard: standard promosso da Textile Exchange. È possibile utilizzare il Recycled Claim Standard Blended logo nel caso in cui la percentuale di materiale riciclato che compone il prodotto oscilli tra il 5% e il 95%. Nel caso in cui il materiale sia tra il 95% e il 100% riciclato è possibile utilizzare il logo RCS 100.

Conclusioni

 

Il cotone coltivato mediante pratiche agricole convenzionali comporta rilevanti impatti ambientali, che vanno dall’elevato consumo di pesticidi e fertilizzanti chimici fino alle elevate emissioni di CO2 e all’ingente utilizzo di risorse idriche. 

Fortunatamente esistono diverse soluzioni alternative, come il cotone biologico, il cotone da agricoltura rigenerativa e il cotone riciclato che presentano impatti ambientali inferiori rispetto al cotone convenzionale.

A causa dell’assenza di dati affidabili e di lungo termine non sono ancora stimabili con certezza i benefici ambientali derivanti dal cotone biologico. Dalle informazioni disponibili le pratiche agricole biologiche del cotone risultano meno impattanti rispetto a pratiche convenzionali solo a determinate condizioni.

Dai dati a disposizione emerge, invece, che l’agricoltura rigenerativa può contribuire potenzialmente in modo rilevante alla mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra.

Infine, il cotone riciclato meccanicamente risulta la soluzione più favorevole in termini di emissioni di carbonio, dal momento che consente di evitare la fase di coltivazione della fibra e lo smaltimento in discarica dei rifiuti tessili. 

La quota di mercato di tali soluzioni alternative risulta essere ancora troppo bassa per incentivare un cambiamento sistemico nel settore e per favorire l’allineamento dell’industria del fashion agli obiettivi climatici globali.

Occorre sottolineare, però, che la domanda di cotone a basso impatto ambientale è in costante aumento e ciò significa che l’offerta dovrà necessariamente adattarsi all’aumento delle richieste del mercato.

Per questo motivo noi di Cikis aiutiamo la tua azienda a individuare la soluzione più sostenibile ed economicamente conveniente per la tua impresa, con l’obiettivo di rimanere sempre al passo con i cambiamenti di mercato.

 

Ricevi in automatico articoli come questo e gli ultimi aggiornamenti sulla moda sostenibile!

Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

Valuta la performance di sostenibilità della tua azienda di moda

Vuoi conoscere il livello di sostenibilità ambientale e sociale della tua azienda? Scoprilo in pochi minuti con il nostro questionario di autovalutazione di sostenibilità aziendale gratuito!