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Intervista a Temera: la tecnologia RFID al servizio della moda

La transizione sostenibile dell'industria della moda richiede l'implementazione di processi che comprendano la tracciabilità della filiera, la raccolta dei dati e la valutazione dei risultati ottenuti. 

In questo contesto, le nuove tecnologie dell'Internet of Things (IoT) stanno offrendo alle aziende di moda nuove opportunità per rendere i loro processi più efficienti e monitorare in modo accurato e completo ogni fase della produzione e della distribuzione.

Come è possibile utilizzare le nuove tecnologie digitali per migliorare la tracciabilità della supply chain?

Ne abbiamo parlato con Arcangelo D'Onofrio, Founder di Temera, un'azienda leader nelle soluzioni IoT per il settore della moda e del lusso.

Ascolta l'intervista 

Cikis: Temera si occupa di fornire soluzioni digitali alle aziende del settore Fashion&Luxury attraverso tecnologie dell'Internet of Things (IoT) per diverse fasi della catena di fornitura, come produzione, logistica, distribuzione e retail. Potresti raccontarci come è nata l'azienda e in che modo queste tecnologie permettono di ottimizzare le fasi della supply chain?

A: Temera è stata fondata nel 2009 con l'obiettivo di ottimizzare i processi aziendali attraverso l'utilizzo della tecnologia RFID. Abbiamo iniziato a sperimentare questa tecnologia nel 2001, quando era ancora in uno stato prematuro e, successivamente, nel 2008, quando le frequenze sono state liberalizzate, consentendo la lettura dei tag RFID a distanze superiori a 40-50 cm. Abbiamo subito intuito che questa tecnologia avrebbe potuto rivelarsi utile per migliorare i processi aziendali.

Nei primi 4-5 anni di attività, le aziende ci hanno principalmente chiesto di ottimizzare i processi logistici e combattere la contraffazione. Pertanto, abbiamo introdotto l'RFID all'inizio delle catene di produzione per accelerare i processi di inbound e affrontare due problemi dell'epoca: la contraffazione e il mercato parallelo. A ogni prodotto è stato applicato un tag RFID al momento della sua uscita dal magazzino, permettendo l'identificazione univoca fino al destinatario.

Successivamente, questa tecnologia è stata impiegata per ottimizzare altri processi, come la gestione dello stock, dei punti vendita al dettaglio, l'interazione con i clienti e, più di recente, la tracciabilità dei prodotti.

Cikis: Potresti spiegarci le differenze tra le varie tecnologie adottate da Temera e le loro funzioni principali?

A: Parlando di tecnologia RFID (Radio Frequency Identification), ci sono due principali varianti: UHF e NFC. Entrambe utilizzano chip posizionati sulle etichette per identificare in modo univoco un oggetto. La differenza tra queste due tecnologie è che UHF (Ultra High Frequency) è un tipo di tag che può essere letto anche da una certa distanza. Questa caratteristica lo rende utile nella logistica per identificare i prodotti. D'altra parte, la tecnologia NFC (Near Field Communication) utilizza un tag che può essere letto tramite uno smartphone. Questa tecnologia consente all'utente finale di interagire direttamente con l'oggetto.

L'intelligenza artificiale, invece, rappresenta un concetto completamente diverso. Essa può utilizzare i dati raccolti dal tag RFID per elaborare, mediante i suoi algoritmi, numerose soluzioni per la gestione dello stock, delle vendite e l'interazione con i clienti.

Migliorare la tracciabilità del settore moda attraverso la tecnologia RFID

 

Cikis: I marchi della moda gestiscono spesso lunghe catene di approvvigionamento globali, dove si concentrano la maggior parte degli impatti ambientali e dei rischi sociali, ma dove i brand hanno un'influenza e un controllo limitati. Secondo il Report Moda e Sostenibilità 2022 di Cikis, il 59% dei brand intervistati non lavora con i propri fornitori diretti per tracciare la filiera a monte. In che modo l'utilizzo di queste tecnologie può supportare il processo di tracciabilità dei fornitori a monte e quali suggerimenti daresti alle aziende che desiderano avviare un processo di tracciabilità della propria filiera ma sono confuse tra le diverse opzioni disponibili?

A: Nel settore della moda, l'approccio alla sostenibilità varia a seconda del settore specifico. Ad esempio, Temera si concentra principalmente sul segmento dell'alta gamma, in particolare nel lusso. In questo settore, negli ultimi anni, abbiamo ricevuto molte richieste per implementare progetti di tracciabilità. Anche le aspettative dei consumatori in questo segmento sono diverse, soprattutto per quanto riguarda la fascia più giovane che richiede prodotti realizzati in modo etico.

Detto ciò, è molto difficile realizzare un progetto di tracciabilità che copra l'intera filiera poiché ha un impatto significativo sui processi. Questo è il motivo per cui i progetti più complessi sono ancora poco diffusi.

Attualmente, per migliorare il monitoraggio della filiera, è necessario iniziare a tracciare i lotti in modo univoco.  A tal scopo, la tecnologia RFID è utile, ad esempio, nella filiera delle pelli pregiate, che è molto lunga e complessa da tracciare, nonostante l'esistenza di molte certificazioni in proposito. 

Dal punto di vista tecnico, tracciare i lotti è relativamente semplice, ma la difficoltà sta nel fatto che il brand deve conoscere tutti gli attori della filiera, compresi i fornitori a monte. Nella filiera tessile, ad esempio, sarebbe necessario mappare i tessuti fin dalla fase di estrazione dei materiali, passando per la filatura fino al prodotto finito.

L'ultima fase di questo processo consiste nell'inserire un tag NFC all'interno del prodotto, in modo che il consumatore, leggendo il tag, possa ricevere tutte le informazioni di sostenibilità relative alla filiera. Ed è una pratica che alcuni brand hanno iniziato ad adottare recentemente.

Cikis: A questo proposito, esiste una differenza di complessità nella tracciabilità dei materiali sintetici rispetto ai materiali naturali? 

A: La differenza risiede nel grado di controllo che un brand può avere sulla propria filiera. Alcuni marchi nel settore del lusso che utilizzano materiali naturali arrivano ad avere il controllo fino all'allevamento degli animali e talvolta possiedono persino allevamenti propri. Tuttavia, per quanto riguarda le fibre artificiali, pochissimi brand possiedono le fabbriche di produzione. In questi casi, è necessario coinvolgere i fornitori per contribuire alla tracciabilità del materiale. Oggi, molti marchi di lusso hanno acquisito concerie e, in alcuni casi, anche allevamenti, per avere un maggiore controllo sulla filiera. Ovviamente, se scendiamo di segmento, come ad esempio nel fast-fashion, il controllo diventa molto più difficile da mantenere.

Cikis: Hai menzionato più volte la parola "sostenibilità". Quando parliamo di sostenibilità, intendiamo conoscere e tracciare la storia del prodotto e utilizzare le informazioni ottenute per prevenire rischi ambientali e sociali (secondo la definizione di UN Global Compact). In quale fase ci troviamo attualmente, tra riconoscimento e attuazione?

A: Secondo me, la sostenibilità non può esistere senza la tracciabilità. Nel settore del lusso, abbiamo superato la fase della semplice conoscenza. Riteniamo ormai scontato che, per operare in modo sostenibile all'interno dell'azienda, sia indispensabile comprendere l'intera filiera. La vera difficoltà sta nell'implementazione di queste strategie. Le filiere sono ancora abbastanza frammentate e quindi spesso si preferisce intervenire su altri aspetti, lasciando la tracciabilità completa dei materiali come ultima priorità.

Cikis: Secondo te, queste tecnologie di cui stiamo discutendo sono attualmente riservate solo alle grandi aziende?

A: Le grandi aziende gestiscono volumi di produzione elevati e hanno bisogno di strumenti che consentano la raccolta automatica di informazioni. Per le piccole aziende è più semplice gestire la propria filiera, poiché lavorano con numeri inferiori e filiere più brevi. Inoltre, dal punto di vista economico, l'utilizzo di queste tecnologie richiede un certo sforzo finanziario che al momento solo le grandi aziende possono permettersi. Tuttavia, collaboriamo anche con piccoli brand che utilizzano i tag per fornire informazioni ai clienti, magari applicandoli solo alla fine del processo.

Cikis: Parlando delle imminenti normative sulla tracciabilità, come ad esempio la normativa statunitense Uyghur Forced Labor Prevention Act o la Proposta Europea  sulla Due Diligence, secondo te queste normative rappresentano un elemento positivo o complicano la vita delle aziende?

A: Senza dubbio, l’esistenza di normative è un incentivo per adottare un approccio più orientato alla tracciabilità. Tuttavia, ci sono anche alcune problematiche da considerare. Ad esempio, in Europa, molte normative sono di carattere generale e non affrontano in modo specifico la tracciabilità per ogni segmento o mercato. Da un lato, questo lascia molta libertà alle aziende, ma dall'altro, alcune questioni diventano più complesse a causa di questa generalità. Ad esempio, la mappatura di determinate fasi può essere estremamente complicata a seconda della filiera a cui si appartiene. 

Inoltre, il problema più grande è che gli Stati nazionali stanno agendo in modo autonomo mentre i brand operano a livello globale. Tuttavia, ritengo che si tratti di una fase intermedia che prima o poi verrà risolta. I brand che si avvicinano a queste tecnologie per la tracciabilità sono sicuramente molto più avanti rispetto alle normative vigenti.

L'utilizzo dei tag RFID per promuovere l'economia circolare nel settore della moda

 

Cikis: Cambiando argomento, Temera ha collaborato con alcuni brand per progetti di economia circolare che coinvolgono l'utilizzo dei tag RFID. Come funziona la partnership con i brand in questo ambito e in che modo le tecnologie dell'Internet of Things possono favorire progetti di economia circolare nel settore moda?

A: La nostra etichetta RFID, essendo integrata nel prodotto finale, rimane all'interno dell'oggetto anche dopo che il consumatore smette di utilizzarlo. Questo ci permette di utilizzare le tecnologie dell'Internet of Things in due modi diversi per favorire i progetti di economia circolare.

In primo luogo, abbiamo collaborato con alcuni brand per la gestione di un certificato digitale che consente il trasferimento della proprietà del prodotto nel mercato dell'usato. Quando un proprietario cede un oggetto, il certificato digitale viene trasferito insieme all'oggetto, assegnando la proprietà all'acquirente dell'oggetto usato. In questo modo, possiamo tracciare la durata della vita del prodotto e favorire il suo riutilizzo.

Un altro approccio che adottiamo è incentrato sull'upcycling. Recentemente, è stata approvata una normativa che impedisce la distruzione della merce invenduta, pratica comune in passato. Pertanto, la merce invenduta viene ora restituita ai magazzini centrali, dove il brand può indirizzarla verso strutture specializzate che la disassemblano per riutilizzarne i materiali. I nostri tag RFID certificano che il prodotto è realizzato con materiali di upcycling e garantiscono che l'oggetto sia stato smaltito correttamente o abbia avuto una nuova opportunità di utilizzo. In futuro, queste informazioni verranno presto rese disponibili anche ai consumatori finali.

Conclusioni

 

L'utilizzo delle tecnologie digitali offre numerosi vantaggi alle aziende del settore moda. Attraverso l'implementazione di soluzioni basate sull'Internet of Things (IoT), come i tag RFID, le aziende possono migliorare l'efficienza operativa, ottimizzare la gestione della supply chain e promuovere la tracciabilità della filiera.

Nonostante alcune sfide e costi iniziali nell'implementazione, sia le grandi aziende che le piccole imprese possono trarre vantaggio dall'adozione di queste tecnologie.

Le aziende di moda che abbracceranno l'innovazione digitale si troveranno in una posizione migliore per adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato e rimanere competitive in un'industria sempre più dinamica e globale.

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Francesca Poratelli
Per analizzare il tuo grado di sostenibilità

Dopo un’esperienza lavorativa in Yamamay ha deciso di specializzarsi nel campo della sostenibilità. Si è occupata di assessment di sostenibilità ambientale e sociale per aziende che spaziano dall’abbigliamento outdoor al merchandising tessile.

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