Wait a few seconds...

We're redirecting you to the next page.

Intervista al Consorzio Italiano Implementazione Detox: la gestione delle sostanze chimiche pericolose nel settore moda

Una delle principali criticità ambientali associate all’industria del fashion corrisponde all’elevato utilizzo di sostanze chimiche e alla pericolosità di alcune di esse per la salute umana e per gli ecosistemi naturali.

A tal proposito si stima che siano utilizzate più di 3500 sostanze chimiche nel settore tessile e moda e che il 10% di tali sostanze sia pericoloso per l’uomo e per l’ambiente. 

Inoltre, la compliance alle attuali leggi in vigore non favorisce la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle emissioni delle sostanze chimiche nell’ambiente.

Nel 2011 Greenpeace ha attivato la campagna Detox per bandire l’utilizzo di sostanze chimiche pericolose nelle diverse fasi di lavorazione e produzione delle aziende del settore tessile e moda con l’obiettivo di minimizzare gli scarichi delle sostanze chimiche tossiche nelle acque superficiali.

Cosa prevede nel dettaglio la campagna Detox e qual è la situazione attuale del settore moda in materia di gestione delle sostanze chimiche pericolose?

Ne abbiamo parlato con Andrea Cavicchi, presidente del Consorzio Italiano Implementazione Detox.

Ascolta l’intervista

 

Cikis: Nel 2011 Greenpeace ha lanciato la campagna Detox per limitare ed eliminare l’uso di sostanze chimiche nocive per l’uomo nel settore moda. Da tale iniziativa nasce, nel 2016, il Consorzio Italiano di Implementazione Detox che, con un gruppo di aziende guidate da Confindustria Toscana Nord, decide di aderire collettivamente agli impegni Detox di Greenpeace. Quali sono stati i motivi che vi hanno spinto a sostenere la campagna di Greenpeace?


A: Confindustria Toscana Nord ha sposato il progetto dal momento che erano state condotte delle analisi per valutare quanto le aziende del distretto tessile pratese fossero distanti dall’eliminazione delle sostanze tossiche prevista dalla campagna Detox. Dalle analisi effettuate è emerso che il distretto di Prato era caratterizzato da una elevata conoscenza dei processi di produzione tessile, un fattore essenziale per incentivare l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose previste dalla campagna Detox. A quel punto diverse aziende aderirono al progetto e da ciò nacque il Consorzio Italiano Implementazione Detox.

 

Cikis: Quali sono i risultati e le scoperte principali che sono state raggiunte dal progetto?


A: Il progetto è partito con la volontà di supportare le aziende per eliminare effettivamente le sostanze tossiche chimiche dai processi tessili. 

Siamo partiti da alcune analisi sui componenti che venivano immessi nel processo, dai coloranti agli ausiliari tecnici e lubrificanti, ovvero prodotti chimici utilizzati per tessere, tingere o per rendere morbido un tessuto e ci siamo resi conto che in alcuni casi le aziende immettono sostanze tossiche senza saperlo.

Quindi una delle prime scoperte è stata la necessità di valutare tutti i componenti, comprese le polveri dei coloranti, di dichiarare la presenza di tali sostanze tossiche all’interno dei componenti e di comunicare i risultati delle analisi ai fornitori.

Inizialmente i risultati delle nostre analisi non erano considerate interessanti dai brand di moda ma successivamente abbiamo notato una reazione forte nel campo della gestione delle sostanze chimiche nel settore tessile. 

Negli anni infatti si è registrata la diminuzione o l’eliminazione di diverse sostanze chimiche tossiche e pericolose nei processi di lavorazione dei prodotti nell’industria del fashion.

MRSL vs PRSL: qual è la differenza?

 

Cikis: La campagna Detox prevede una Manufacturing Restricted Substances List ovvero un elenco di sostanze vietate all’uso durante i processi produttivi. Qual è la differenza tra MRSL e PRSL? In che modo il Consorzio garantisce una filiera produttiva totalmente in linea con i principi Detox e con la sua MRSL? A questo proposito quanto sono importanti la conoscenza e la tracciabilità della filiera produttiva?

 

A: La differenza tra MRSL e PRSL è che la prima fa riferimento alla liste delle sostanze chimiche vietate emesse durante i processi di produzione, mentre la seconda è una lista di sostanze vietate riscontrate nel prodotto. 

La campagna Detox ha cambiato l’approccio all’analisi delle sostanze tossiche. Prima della campagna Detox la valutazione delle sostanze chimiche pericolose si limitava solo al capo finito, senza effettuare considerazioni sui processi produttivi.  

Dalla campagna Detox ci siamo resi conto che l’attenzione doveva essere posta in tutte le fasi produttive. 

In particolare noi analizziamo le acque di immissione e le acque di scarico. Questa analisi ci consente di valutare se le sostanze chimiche pericolose sono presenti nelle acque di input o in quelle di output. 

A volte infatti la depurazione delle acque non elimina le sostanze tossiche in ingresso e per questo motivo sono già presenti nelle acque di immissione. Quindi è importante comprendere quante sostanze pericolose sono già presenti nelle acque e quante invece sono emesse durante il processo produttivo.

Successivamente la nostra analisi prevede valutazioni su tutti i prodotti finiti. 

Tali analisi risultano complesse e, a questo proposito, è stato essenziale il lavoro di ZDHC che ha creato una piattaforma dove ha catalogato tutti i prodotti facilitando la conoscenza delle sostanze rilasciate dalle varie tipologie di prodotti. 

In questo modo le aziende hanno già la possibilità di conoscere i rischi e di evitare determinate sostanze.

La campagna Detox di Greenpeace e l’eliminazione dei Perfluorurati

 

Cikis: Una delle principali sfide che Greenpeace sta portando avanti dal 2011 con la campagna Detox è l’eliminazione dei Perfluorurati (PFC), sostanze chimiche pericolose caratterizzate da una difficile biodegradabilità, che possono restare nell’ambiente per centinaia di anni. Quali sono, nel dettaglio, i danni ambientali e alla salute umana arrecati da tali sostanze chimiche e quali soluzioni possono adottare le aziende per eliminare l’uso dei PFC?


A: Il tema dei PFC è uno dei più importanti della campagna Detox dal momento che si tratta di sostanze che impattano moltissimo sulla salute umana e sull’ambiente perché non si distruggono nel tempo. 

I danni principali che arrecano all’uomo sono tumori ai testicoli, ai linfonodi e ai reni.

I PFC sono utilizzati di frequentemente dal momento che rendono i tessuti impermeabili all’acqua o all’olio. 

Tuttavia, nonostante tali caratteristiche, i PFC possono essere sostituiti da altre sostanze e soprattutto non sono sempre necessari all’interno dei capi di abbigliamento.

A tal proposito, ci vorrebbe un approccio diverso per quanto riguarda l’uso di determinati prodotti. Nei capi di abbigliamento outdoor, ad esempio si estremizzano la capacità di impermeabilizzazione e la resistenza a basse temperature anche su capi che non saranno effettivamente impiegati in contesti ambientali così estremi. In tali prodotti non sarebbero necessarie le proprietà che i PFC garantiscono ai tessuti.

La gestione delle sostanze chimiche nel settore moda: quali sono le priorità su cui intervenire? 

 

Cikis: Quali sono le priorità in ottica di eliminazione e minimizzazione delle sostanze chimiche pericolose su cui il settore si deve focalizzare?

 

A: In primis è fondamentale sensibilizzare le aziende che si occupano dei processi di produzione a una corretta gestione delle sostanze chimiche pericolose.

Oltre alla sensibilizzazione delle aziende è necessario far capire al consumatore finale gli impatti ambientali e sociali derivanti dall’acquisto del prodotto finito.

Qual è la relazione tra chemical management ed economia circolare?


Cikis: Come sono legati tra loro i temi dell’economia circolare e dei processi chimici?


A: Come consorzio abbiamo lavorato sulla promozione dell’economia circolare attraverso un approccio che consenta di riutilizzare le materie prime seconde. 

Dobbiamo essere attenti che le sostanze che vengono vietate nelle fibre naturali da riciclo non siano le stesse delle sostanze vietate per le fibre vergini, per non ostacolare eccessivamente il processo di riciclo che invece comporta benefici ambientali. Per stabilire limiti diversi per le varie sostanze, è però necessario definire i livelli di tolleranza in funzione dell’uso finale del prodotto.

Ad esempio, potrebbe essere sensato autorizzare il riciclo di una fibra in lana che possiede sostanze pericolose a contatto con l’acqua, se il prodotto finale riciclato non andrà a contatto con l’acqua, mentre resta sensato vietare l’uso di quelle sostanze per i materiali vergini, che quindi vengono prodotti ex novo. 

Tuttavia è importante conoscere l’uso finale di tali prodotti e stabilire che non ci sia effettivamente una contaminazione. 

A questo proposito c’è molto lavoro da fare soprattutto sulle analisi e sull’uso di un prodotto al termine del suo ciclo di vita.

Consorzio Italiano Implementazione Detox e ZDHC: i dettagli della collaborazione

 

Cikis: Nel 2020 il consorzio ha avviato la collaborazione con ZDHC: ci racconti quali sono gli obiettivi della vostra collaborazione?

 

A: ZDHC è nata come risposta dei grandissimi brand internazionali alla campagna Detox.

Noi abbiamo iniziato a collaborare ufficialmente con ZDHC nel 2020. La collaborazione nasce dall’obiettivo di definire una PRSL sul prodotto riciclato delle materie prime seconde naturali al fine di incentivare l’economia circolare.

 

Cikis: Una delle principali difficoltà che percepiamo lavorando con le aziende è la difficoltà di valutare la riduzione degli impatti ambientali che un’azienda ottiene aderendo, ad esempio, al programma di ZDHC. A questo proposito quanti dati sono disponibili attualmente per valutare la riduzione degli impatti ambientali che si può ottenere aderendo a un programma di gestione delle sostanze chimiche?

 

A: La misurabilità degli impatti ambientali e degli obiettivi da raggiungere è un tema complesso.

La prima difficoltà che affrontiamo nel distretto di Prato è che la maggior parte delle aziende effettua lavorazioni per conto terzi. Questo accade perché nel distretto non sono presenti aziende verticalizzate, dal momento che per queste realtà sarebbe più semplice estrapolare i dati necessari per le misurazioni. 

Ciò determina la difficoltà di valutare e misurare gli effettivi impatti ambientali di un processo produttivo.

Dunque avere una visione generale degli impatti dell’azienda non è sicuramente facile ma è un obiettivo molto ambizioso. 

Per far questo è essenziale la tracciabilità dei processi perché per chi vende un semilavorato e non traccia le lavorazioni precedenti fatte non sarà semplice risalire ai suoi impatti e dichiarare una sostenibilità generale dei processi produttivi.

Chemical management nel settore moda: quali sono le prospettive?

 

Cikis: Quali sono le aree d’azione prioritarie nei prossimi anni su cui le aziende dovranno lavorare?

 

A: I focus principali su cui le aziende dovrebbero concentrarsi sono: analisi più dettagliate dei prodotti e delle acque in termini di presenza delle sostanze chimiche pericolose e una maggiore attenzione in fase di progettazione dei prodotti finiti.

Sicuramente le sostanze chimiche inserite nelle liste di restrizioni saranno sempre maggiori perché sono diverse le sostanze che possono danneggiare l’ambiente e l’uomo. 

In tal senso è fondamentale il lavoro di ZDHC sulle acque perché permette di valutare la presenza di sostanze chimiche dannose nelle acque anche se in quantità bassissime. 

Inoltre sarà fondamentale anche progettare i capi in modo tale da minimizzare gli impatti ambientali nelle varie fasi del loro ciclo di vita.

Infine è importante comunicare le pratiche di sostenibilità implementate in modo chiaro e non fuorviante. 

Il greenwashing genera confusione tra i consumatori ma anche tra le aziende che operano nel settore e rischia di danneggiare il progetto di riduzione ed eliminazione delle sostanze chimiche dannose dai processi produttivi dell’industria del fashion.

Conclusioni

 

La corretta gestione delle sostanze chimiche immesse e rilasciate durante i processi produttivi può rappresentare una soluzione chiave per ridurre gli impatti ambientali e sulla salute umana delle lavorazioni del settore tessile e moda.

A tal proposito il lavoro del Consorzio Italiano Implementazione Detox è essenziale per guidare le aziende verso una gestione dei processi chimici più sostenibile.

Tuttavia, per consentire ciò è fondamentale monitorare e tracciare la filiera produttiva per risalire alle lavorazioni a monte.

Infine, anche nel caso della gestione dei processi chimici è essenziale comunicare le pratiche di sostenibilità implementate in modo chiaro, veritiero e non fuorviante, al fine di evitare il greenwashing che genera confusione tra i consumatori e tra i produttori e che rischia di vanificare i risultati raggiunti in materia di riduzione delle sostanze chimiche pericolose.

 

Ricevi in automatico articoli come questo e gli ultimi aggiornamenti sulla moda sostenibile!

Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

Valuta la performance di sostenibilità della tua azienda di moda

Vuoi conoscere il livello di sostenibilità ambientale e sociale della tua azienda? Scoprilo in pochi minuti con il nostro questionario di autovalutazione di sostenibilità aziendale gratuito!