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La responsabilità estesa del produttore nel settore tessile: il panorama giuridico tra principi europei e normative nazionali

Il concetto di EPR venne introdotto per la prima volta nel 1990 dall’accademico svedese Thomas Lindhqvist, durante un dibattito sui possibili strumenti di regolamentazione in grado di promuovere e accelerare la transizione verso processi e prodotti sostenibili. Tale concetto trovò poi formale definizione all’interno di un report pubblicato nel 1992. Lindhqvist definiva l’EPR come una strategia di protezione ambientale che rende i produttori responsabili dell’intero ciclo di vita dei loro prodotti, in particolare per il ritiro a fine vita, il riciclo e lo smaltimento finale. Questo tipo di responsabilità̀, nella concezione dell’accademico, si traduce in una combinazione di obblighi di tipo amministrativo, economico e informativo in capo ai produttori dei beni dai quali originano i rifiuti. In altre parole, si tratta di una nozione che attribuisce al produttore la responsabilità finanziaria e operativa dei rifiuti prodotti.

L’immediata conseguenza di una responsabilità così strutturata è la necessità, a monte, di una progettazione innovativa e lungimirante che consideri l’impatto ambientale del prodotto in ogni sua fase, incluso il suo fine vita, in modo da poter migliorare la gestione del rifiuto a valle.

L’intervento del legislatore europeo

 

Al concetto di responsabilità estesa del produttore è stato fatto ampio ricorso dal legislatore europeo: si tratta infatti di un importante strumento per favorire la transizione verso l’uso efficiente delle risorse e per la gestione di molti flussi di rifiuti. 

In particolare, nel 2018 sono state emanate le Direttive (UE) 2018/851 e 2018/852, secondo cui i produttori di beni commercializzati nell’Unione Europea sono tenuti a contribuire alla gestione dei rifiuti derivanti dai loro stessi prodotti, al fine di passare da un'economia lineare a un'economia circolare. Tra i produttori rientrano coloro che sviluppano, fabbricano, trasformano, trattano, vendono o importano i prodotti oggetto dei provvedimenti.

In tema di gestione dei rifiuti tessili, stando ai dati di un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale, il settore della moda è responsabile del 20% delle acque reflue industriali, nonché della produzione di circa il 20% dei rifiuti globali, classificandosi come uno dei settori più inquinanti al mondo.

Pertanto, il legislatore europeo, con la Direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE, al fine di rendere le case di moda responsabili per la gestione dei capi e accessori giunti al termine del loro ciclo di vita, stabilisce una serie di obblighi per i produttori della filiera, tra cui l’adozione di misure atte a prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai propri prodotti, a partire dalla fase di progettazione anche tramite la promozione del riutilizzo dei prodotti e dei materiali impiegati; la riduzione della quantità di materiali inquinanti utilizzati e la collaborazione con le autorità competenti per garantire l’effettiva attuazione di tali disposizioni.

Si tratta di obiettivi comuni, dunque, a tutte le nazioni europee, cui deve essere data attuazione dai singoli Stati membri, che ne determinano i sistemi di attuazione.

I casi nazionali

 

Il primato va alla Francia, che per prima ha attivato un sistema EPR per i rifiuti del settore tessile. A ben vedere sia in Francia sia in Germania, a partire da gennaio 2022, coloro che commercializzano alcune categorie di prodotti nel territorio nazionale sono legalmente obbligati a verificare la conformità del numero di registrazione EPR, codice identificativo univoco assegnato a un prodotto che rispetta tutti i requisiti in vigore per la sua categoria di appartenenza nello Stato di riferimento.

Le categorie merceologiche variano da Stato a Stato. Entrambe le nazioni menzionate vi includono il packaging (imballaggio primario e secondario), ma solo la Francia, come detto, è già intervenuta con riguardo ai prodotti tessili. 

Ad oggi, non esiste un numero EPR unico per l’Unione Europea, pertanto il prodotto in questione dovrà essere registrato in tutti i mercati di interesse.

Francia e Germania si differenziano, inoltre, per il sistema adottato per la gestione dei rifiuti: nel primo caso è stato scelto un modello “integrato”; nel secondo, invece, uno “duale”.

Nel contesto di un sistema integrato, la gestione dei rifiuti è delegata alle amministrazioni locali e il produttore è tenuto a contribuire ai costi ad essa correlati. Al contrario, in un sistema duale, i produttori sono responsabili di organizzare autonomamente la separazione e lo smaltimento dei propri rifiuti, affidandosi a enti o consorzi che agiscono per loro conto, e devono sostenere integralmente i costi per l’adempiendo a tutti gli obblighi previsti dalla normativa EPR.

Spostando lo sguardo sull’ordinamento italiano, si registra il recepimento della direttiva già nel 2020, con il decreto legislativo di attuazione del 3 settembre, n. 116, che ha modificato le disposizioni della parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) e ha introdotto i requisiti minimi in presenza dei quali si configurano le ipotesi di EPR.

Tra gli obblighi posti a capo del produttore da questa disciplina vi sono la definizione di ruoli e responsabilità di tutti gli attori della filiera; la definizione di quantità e tipologia di prodotti che si intende smaltire e/o riciclare; l’adeguata comunicazione agli utilizzatori dei prodotti dei dati relativi all’immissione sul mercato e del trattamento dei relativi rifiuti.

Ai sensi del decreto legislativo di attuazione 116/2020 è demandata alla competenza dei singoli ministeri la definizione, attraverso lo strumento del decreto ministeriale, degli specifici regimi di responsabilità estesa del produttore nel settore di riferimento.

In questo contesto, in data 2 febbraio 2023, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), di concerto con il Ministero delle Imprese e del “Made in Italy” (MIMIT), ha presentato uno schema di decreto in tema di responsabilità estesa del produttore nel settore tessile e, in nota, ha chiarito che intende creare un sistema che “valorizzi l’eco-innovazione” e affermi “la centralità di chi produce nel rispetto della legge e dell’ambiente”.

Il successivo 16 febbraio ha poi avviato una procedura di consultazione pubblica, conclusasi il 3 marzo, con lo scopo di coinvolgere gli stakeholder principali nell’adozione di una normativa coerente con l’attuale settore della moda.

Nello schema di decreto vengono definite le cosiddette misure di “eco-progettazione”, tra cui si annoverano:

  • l’impiego di fibre tessili e materiali naturali biocompatibili;
  • l’eliminazione di componenti e sostanze pericolose anche con riferimento alle microplastiche rilasciate nell’ambiente;
  • la riduzione di difetti di qualità che comportano un precoce smaltimento da parte del consumatore;
  • lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie avanzate per l’utilizzo di fibre riciclate;
  • l’impiego di tecniche di lavorazione delle fibre e dei tessuti che favoriscano adattabilità a usi multipli e riparabilità.

La bozza di decreto prevede inoltre un sistema di etichettatura digitale che descriva caratteristiche e composizione fibrosa, specificando la presenza di parti non tessili di origine animale.

Per raggiungere gli obiettivi fissati e per garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata, si prevede, infine, che venga istituito il Centro di Coordinamento per il Riciclo dei Tessili (CORIT), che coinvolgerà i sistemi individuali e collettivi di gestione della raccolta, smaltimento e riciclo accreditati dal MASE, promuovendo un approccio integrato alla gestione dei rifiuti.

L'attuazione del principio di responsabilità estesa del produttore, con norme divergenti da Stato a Stato e interpretazioni giuridiche non sempre uniformi, sta generando un quadro normativo complesso da interpretare e applicare per le imprese che mettono in commercio i loro prodotti nel mercato europeo.

L’auspicio è quello di passare da principi comuni a un regolamento europeo che disciplini l’EPR nel tessile in modo puntuale e dettagliato favorendo un’economia circolare effettiva.

Cikis può aiutare le imprese a muoversi in questo intricato panorama per essere compliant, attivandosi per evitare pratiche che possano condurre a sanzioni e creando un network tra gli attori del settore che forniscono soluzioni per l’applicazione dei requisiti stabiliti dalla normativa lungo tutta la catena del valore.

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Francesca Poratelli
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Dopo un’esperienza lavorativa in Yamamay ha deciso di specializzarsi nel campo della sostenibilità. Si è occupata di assessment di sostenibilità ambientale e sociale per aziende che spaziano dall’abbigliamento outdoor al merchandising tessile.

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