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Product Environmental Footprint: di cosa si tratta?

La necessità di standardizzare la valutazione degli impatti ambientali per facilitare lo sviluppo delle strategie aziendali e la comunicazione di sostenibilità sta notevolmente influenzando il mercato, sempre più alla ricerca di dati sulle performance di prodotti, processi o servizi oggettivi, verificabili e non fuorvianti.

Ad esempio, l’Ombudsman danese, ovvero l’ente analogo alla nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), all’interno della “Quick Guide on environmental claims” ha stabilito che, nel caso di claim generali come “sostenibile” o  “rispettoso dell’ambiente” non seguiti da spiegazioni in merito a tali caratteristiche del prodotto, l’azienda deve essere in grado di motivare tali affermazioni generiche attraverso un’analisi basata sul ciclo di vita dei suoi prodotti.

Di recente, inoltre, il gruppo Kering ha rilasciato la “Guidance for Sustainability Claims”, contenuta all’interno di un documento più generale sulla sostenibilità, "Standards & guidance for sustainable production". Kering ha stabilito che i green claim delle aziende che fanno parte del gruppo devono contenere informazioni verificate e provate, attraverso ad esempio, le certificazioni, la documentazione relativa alla percentuale di materiali riciclati contenuti nel prodotto, il report sulla Product Environmental Footprint (PEF) e sulla Product Carbon Footprint.

I metodi di calcolo dell'impronta ambientale (Environmental Footprint o EF) permettono di misurare e comunicare le prestazioni ambientali dei prodotti e dei servizi (Product Environmental Footprint) e delle organizzazioni (Organization Environmental Footprint) durante l'intero ciclo di vita basandosi su metodi di valutazione scientificamente validi concordati a livello internazionale.

La validità di tali strumenti è confermata dalla Commissione Europea, che considera l'uso di metodi basati sull’impronta ambientale come un modo per corroborare e comunicare le autodichiarazioni ambientali dimostrando così il rispetto delle norme più generali in materia di protezione dei consumatori.

In questo articolo approfondiremo la Product Environmental Footprint (PEF), una metodologia particolarmente importante per l’industria del fashion per misurare l’impatto ambientale dei prodotti del settore moda e per supportare le decisioni dei consumatori in fase di acquisto.


Product Environmental Footprint: definizione e applicazioni della metodologia


La Product Environmental Footrpint (PEF) è un metodologia basata sulla valutazione del ciclo di vita (LCA) che consente di quantificare l'impatto ambientale di prodotti o servizi tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento, dall'estrazione delle materie prime fino alla gestione del fine vita.

Il metodo PEF si basa sull’approccio al ciclo di vita e, in particolare, sul Life Cycle Thinking (LCT), che permette di analizzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale di prodotti, servizi, tecnologie e sistemi considerando tutte le fasi del ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime alla gestione del fine vita.

L’approccio LCT si distacca dalle metodologie tradizionali non focalizzandosi esclusivamente sulla valutazione degli impatti ambientali del processo produttivo di un prodotto ma sull’intero ciclo di vita. Tale visione a 360° degli impatti ambientali riduce il rischio di focalizzarsi solo su una fase della vita del bene e di spostare i carichi ambientali da una fase all’altra non risolvendo concretamente le criticità ambientali rilevate. 

Le regole del metodo di calcolo dell'impronta ambientale di prodotto consentono di effettuare studi PEF più riproducibili, comparabili e verificabili rispetto a quelli condotti con altri approcci. La comparabilità degli studi è tuttavia possibile solo se i risultati si basano sulle stesse regole di categoria relative all'impronta ambientale di prodotto (Product Environmental Footprint Category Rules o PEFCR).

L'obiettivo principale delle PEFCR è fissare una serie coerente e specifica di regole per calcolare le informazioni ambientali rilevanti dei prodotti appartenenti a una specifica categoria. Tali regole consentono di facilitare confronti e asserzioni comparative tra i prodotti appartenenti alla stessa categoria.

Nel 2019 sono state definite le PEFCR della categoria di prodotto “T-shirt” valide fino al 31 dicembre 2020.

Il rispetto delle PEFCR “T-shirt” risultava facoltativo per le applicazioni interne PEF, mentre risultava obbligatorio per applicazioni esterne (es. comunicare i risultati di uno studio sulla PEF).

Nelle PEFCR sono stati inseriti requisiti che permettono di distinguere la T-shirt da altre tipologie di prodotti:la categoria di prodotti “T-shirt” raccoglie prodotti di abbigliamento adatti a vestire la parte superiore del corpo, costituiti principalmente da un tessuto a maglia (cioè almeno il 51% del peso del prodotto), senza apertura a tutta lunghezza (dall'alto verso il basso) nella parte anteriore. Il tessuto a maglia è prodotto da maglieria circolare o tubolare con un calibro superiore a 16 aghi per pollice e una densità superficiale che è inferiore a 270 g/m².

Il valore soglia del 51% sul peso del tessuto a maglia rispetto al peso del prodotto viene utilizzato per differenziare le t-shirt da altri articoli composti da tessuti intrecciati come camicette e tuniche.Tali dati consentono di facilitare le analisi comparative tra i prodotti inclusi nella categoria “T-shirt”.

Inoltre, secondo la raccomandazione 2013/179/UE la metodologia PEF può essere impiegata per:

  • Applicazioni interne: supporto alla gestione ambientale, identificazione di hotspot ambientali e miglioramento e monitoraggio delle prestazioni ambientali con l’obiettivo di cogliere opportunità di miglioramento e di riduzione dei costi;
  • Applicazioni esterne (B2B/B2C): supporto alla progettazione ecocompatibile in tutte le catene di approvvigionamento, comunicazione verso il mercato (etichette ambientali, marketing, claim, ecc) di dati attendibili e non fuorvianti.

Le fasi di uno studio Product Environmental Footprint

 

Per poter completare uno studio PEF in linea con quanto stabilito dalla raccomandazione 2013/179/UE devono essere completate le seguenti fasi:

  • Define goals of Product Environmental Footprint study: in questa fase sono stabiliti gli scopi e i motivi dello svolgimento dello studio e il pubblico a cui è destinato;
  • Define scope of Product Environmental Footprint study: in questa fase si definiscono le scelte metodologiche stabilendo con esattezza l'unità di analisi, i confini di sistema, le informazioni ambientali e tecniche aggiuntive, le ipotesi principali e i limiti. L'unità di analisi per uno studio sulla PEF è definita secondo i seguenti aspetti: la funzione o il servizio oggetto di studio: “WHAT” (ad esempio t-shirt taglia media S, M, L realizzata in poliestere), l'entità della funzione o del servizio: “HOW MUCH” (ad esempio una t-shirt), il livello di qualità atteso: “HOW WELL” (ad esempio indossare la t-shirt una volta alla settimana e utilizzare la lavatrice a 30 gradi per il lavaggio) e la durata della vita prodotto: “HOW LONG” (ad esempio 5 anni);
  • Create the Resource Use and Emissions Profile: in questa fase si compila un inventario di tutti i flussi di input/output (energia, materiali, acqua, emissioni, ecc) relativi al prodotto o servizio studiato;
  • Environmental Footprint Impact Assessment: in questa fase si assegnano i flussi di input/output registrati in precedenza alle pertinenti categorie di impatto. Successivamente si procede con il calcolo dell'entità del contributo di ciascun flusso di input/output alle rispettive categorie di impatto moltiplicando i valori dei flussi per il fattore di caratterizzazione rilevante per ciascuna categoria di impatto;
  • Environmental Footprint Interpretation and Reporting: in questa fase si interpretano i risultati dell’inventario e dell’analisi degli impatti ambientali per trarre conclusioni e raccomandazioni al fine di incentivare il miglioramento delle performance ambientali del prodotto o del servizio oggetto di studio. Successivamente è possibile redigere il report PEF per fornire un resoconto pertinente, completo, coerente, accurato e trasparente dello studio e degli impatti ambientali calcolati associati al prodotto.

La verifica dei risultati di uno studio di Product Environmental Footprint

 

Secondo la raccomandazione 2013/179/UE qualsiasi studio sulla PEF destinato alla comunicazione esterna (ad es. B2B o B2C) deve essere revisionato al fine di assicurare che:

  • I metodi utilizzati per condurre lo studio sulla PEF siano coerenti con la guida prevista dalla raccomandazione 2013/179/UE;
  • I metodi utilizzati per condurre lo studio sulla PEF siano scientificamente e tecnicamente validi;
  • I dati utilizzati siano appropriati, ragionevoli e soddisfino i requisiti di qualità dei dati definiti;
  • L'interpretazione dei risultati evidenzi i limiti individuati;
  • Il report dello studio sia trasparente, accurato e coerente.

Dunque, salvo diversa indicazione negli strumenti politici pertinenti qualsiasi studio destinato alla comunicazione esterna deve essere riesaminato da almeno un revisore esterno qualificato e indipendente (o da un team di revisione).

L'accertamento delle competenze del verificatore o del gruppo di verifica si basa su un sistema di punti che tiene conto dell'esperienza in materia di audit, della metodologia e della pratica in ambito PEF/LCA e della conoscenza delle tecnologie, dei processi o delle altre attività pertinenti al prodotto oggetto di studio.

I vantaggi per le aziende derivanti dagli studi dell’Environmental Footprint

 

L’applicazione dei metodi EF, che comprendono la Product Environmental Footprint e l’Organization Environmental Footprint garantiscono una serie di benefici interni ed esterni alle aziende, tra cui:

  • Allineamento alle politiche UE che fa sempre più riferimento ai requisiti dei metodi EF;
  • Identificazione delle attività, dei materiali o dei processi più impattanti individuando azioni correttive in grado di ottimizzare i processi produttivi;
  • Individuazione dei rischi ambientali lungo la supply chain e selezione di fornitori più attenti al tema della sostenibilità ambientale;
  • Miglioramento della reputazione aziendale e riduzione del rischio di greenwashing;
  • Fidelizzazione della clientela grazie alla comunicazione aziendale delle performance ambientali del prodotto o dell’organizzazione trasparente, chiara e non fuorviante;
  • Nuove opportunità di finanziamento, dal momento che banche e istituti finanziari sono sempre più attenti al profilo ambientale delle organizzazioni.

Criticità per il settore moda

 

Nonostante i diversi benefici che i metodi EF e in particolare la Product Environmental Footprint possono offrire alle aziende, la metodologia PEF presenta diverse criticità per il settore moda.

A tal proposito sono 12 le ONG (fra le quali Fashion Revolution, Fair Wear Foundation, Clean Clothes Campaign) che hanno scritto una “Open letter on concerns about the PEF methodology and its application to apparel and footwear products” alla Commissione Europea per mettere in luce alcuni punti critici della metodologia, come:

  • Scarsa qualità dei dati; 
  • Mancata considerazione dell'intero ciclo di vita dei prodotti; 
  • Mancata considerazione gli impatti sociali;
  • Focus eccessivo sulle fibre ottenute da bottiglie in PET riciclate che è una pratica non in linea con il modello circolare per le bottiglie in PET;
  • Lo sviluppo delle PEFCR per abbigliamento e calzature è guidato principalmente da rappresentanti di gruppi industriali senza coinvolgere organizzazioni della società civile;
  • Scarsa efficacia nel “catturare” la durabilità non fisica (o durabilità emotiva) di un prodotto. 

Inoltre, la coalizione Make The Label Count (MTLC) che raccoglie diverse associazioni di produttori di lana e di altre fibre naturali ha scritto una lettera alla Commissione Europea intitolata “Ensuring EU textile legislation does not licence greenwashing” in cui esprime preoccupazione sulla fondatezza delle affermazioni green che derivano dalla metodologia PEF per il settore moda in quanto potrebbero omettere considerazioni fondamentali per valutare gli impatti relativi a un prodotto.

Per questo motivo, secondo la coalizione è necessario includere nella PEF una serie di indicatori per effettuare una valutazione sul rilascio di microplastiche, sui rifiuti di plastica prodotti e sulla circolarità.

Secondo la coalizione l’assenza di tali indicatori potrebbe far sì che gli indumenti realizzati a partire da materiali sintetici vengano mostrati come più sostenibili di quanto non lo siano realmente.

Infine, anche EURATEX, l’organizzazione che rappresenta i produttori tessili e dell’abbigliamento in Europa, ha espresso le proprie perplessità all’interno di un position paper.

EURATEX ha identificato diversi elementi chiave per favorire lo sviluppo della metodologia PEF tra le imprese del settore moda:

  • L’utilizzo della PEF nei claim di sostenibilità deve essere volontario e non obbligatorio;
  • L’impiego di dati solidi, di qualità e verificati per condurre uno studio PEF;
  • L’assenza di oneri aggiuntivi per l’impiego della metodologia PEF soprattutto per le PMI;
  • La verifica periodica e regolare degli studi PEF che devono essere scientificamente validi;
  • La creazione di un sistema accessibile  a tutti gli attori della supply chain.

Conclusioni

 

La Product Environmental Footprint rappresenta una metodologia che può essere in grado di rispondere adeguatamente alla richiesta da parte del mercato di informazioni chiare, veritiere e trasparenti sulle performance ambientali di un prodotto.

I metodi EF relativi al prodotto o all’organizzazione garantiscono diversi benefici interni alle aziende in termini di ottimizzazione dei processi produttivi e di un uso più razionale delle risorse, ma anche vantaggi esterni dal momento che consentono alle imprese di comunicare le performance ambientali del prodotto o dell’organizzazione senza incorrere nel rischio di greenwashing.

Nonostante ciò esistono diversi limiti relativi all’applicazione della metodologia PEF nel settore moda. 

Di recente, infatti, diverse organizzazioni e coalizioni hanno espresso delle perplessità nei confronti della metodologia sottolineando che sono necessari ulteriori approfondimenti e chiarimenti da parte della Commissione Europea per non trascurare fattori o indicatori che possono influenzare i risultati della valutazione delle performance ambientali di un prodotto.

 

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Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

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