Intervista a Vitale Barberis Canonico: tracciabilità e trasparenza della filiera tessile
Nell'attuale panorama globale, la sostenibilità e il rispetto degli standard sociali lungo la filiera produttiva sono diventati elementi fondamentali per il successo delle attività aziendali.
Questo è particolarmente vero nel settore tessile, dove le aziende devono affrontare sfide complesse legate all'ambiente, alla società e alla produzione.
Per raggiungere obiettivi ambiziosi di sostenibilità, è necessario coinvolgere attivamente la propria filiera e i propri fornitori, creando un sistema di collaborazione e condivisione che vada oltre la semplice relazione commerciale.
Ma quali sono gli aspetti da considerare nello sviluppo di una strategia di sostenibilità efficace e come è possibile coinvolgere i propri stakeholder nel proprio cammino verso la sostenibilità?
Ne abbiamo parlato con Lucia Bianchi Maiocchi, Sustainability Manager di Vitale Barberis Canonico, un'azienda leader nella produzione di tessuti di lana di alta qualità per uomo.
H2. La strategia di sostenibilità di Vitale Barberis Canonico
Cikis: Vitale Barberis Canonico è un'azienda leader nella produzione di tessuti di lana di alta qualità per uomo. Come è iniziato il vostro impegno verso la sostenibilità e quale motivo vi ha spinto a investire in questo campo?
L: Siamo un'azienda a conduzione familiare, impegnata in questo settore da 360 anni, con radici in un piccolo paese di una comunità montana, non particolarmente centrale per l'Italia. Per garantire la nostra stessa sopravvivenza nel corso degli anni, è diventato naturale per noi dedicarci a minimizzare l'impatto sulla comunità locale. Abbiamo effettuato investimenti mirati non solo per lo sviluppo aziendale, ma anche per contribuire al benessere della comunità e del territorio in cui operiamo, beneficiando direttamente delle persone che collaborano con noi.
Personalmente, mi sono avvicinato a questo argomento nel 2015, iniziando a raccogliere informazioni su quanto era stato fatto in passato. Un esempio tangibile di ciò è il nostro impianto di depurazione delle acque, realizzato nel 1987, seguito da investimenti annuali per ridurre ulteriormente l'impatto ambientale. Nel 1989, ad esempio, Alberto Barberis Canonico ha sviluppato un sistema di cabine insonorizzanti per ridurre il rumore nel reparto di tessitura, che è notoriamente molto rumoroso. Anche se tale investimento potrebbe non aver avuto un ritorno economico immediato, ha contribuito significativamente a migliorare le condizioni di lavoro.
Nel 2003, abbiamo iniziato a interessarci attivamente alle tematiche sociali, istituendo le nostre prime borse di studio. Nel corso degli anni, abbiamo sviluppato e implementato programmi di welfare aziendale, dimostrando un impegno costante verso l'ambiente di lavoro e il benessere delle persone coinvolte.
Il nostro percorso ci ha portato a una posizione in cui, oggi, affrontiamo annualmente nuove sfide, ma lo facciamo con un solido background che ci consente di considerarci avanzati, fortunatamente, nelle questioni ambientali e di sostenibilità.
Cikis: Quali sono i pilastri chiave della strategia di sostenibilità di Vitale Barberis Canonico e quali misure avete implementato per garantire un ridotto impatto ambientale dei vostri prodotti e una minimizzazione dei rischi a livello sociale?
L: Abbiamo strutturato il nostro impegno per la sostenibilità attorno a tre pilastri fondamentali, corrispondenti ai concetti chiave di persone, ambiente e prodotto. Questo implica che, ogni anno, pianifichiamo gli investimenti in modo da influire positivamente su tutte e tre queste macroaree, evitando di trascurarne alcuna.
L'anno scorso, ad esempio, siamo stati pionieri nel settore tessile introducendo un dispositivo precedentemente utilizzato nel settore automobilistico. Abbiamo reso disponibili agli operatori i cosiddetti esoscheletri indossabili, progettati per facilitare il lavoro continuo e ridurre i disagi derivanti dall'uso prolungato delle braccia, particolarmente rilevanti nella fase di filatura. Quest'anno, abbiamo ampliato la nostra rete di welfare e istituito borse di studio, destinate sia ai figli dei nostri collaboratori che alla nostra comunità. Crediamo fermamente che la crescita dell'azienda sia intrinsecamente legata allo sviluppo del territorio.
Inoltre, abbiamo effettuato investimenti significativi nel campo delle energie rinnovabili e nel recupero delle acque. Nelle vicinanze dell'azienda scorre il Rio delle Moglie, un piccolo fiume, e siamo riusciti a depurare l'acqua al punto da poterla reinserire in superficie. In passato, abbiamo raggiunto un tasso di recupero dell'acqua del 28%, ma l'anno scorso, a causa delle gravi condizioni di siccità, abbiamo intensificato gli sforzi, compiendo ulteriori investimenti che ci permetteranno di aumentare il recupero al 40%. Un risultato che ci soddisfa appieno, considerando l'importante impatto dell'uso responsabile delle risorse idriche nel nostro settore.
Cikis: Approfondendo il tema della misurazione, nel report moda e sostenibilità 2023 di CIkis Studio, emerge che ancora poche aziende investono nel calcolo della carbon footprint, nonostante sia un’azione necessaria per stabilire obiettivi di riduzione delle emissioni basati su dati concreti ed esigenze dell’azienda. Vitale Barberis Canonico ha effettuato il calcolo della carbon footprint, quali sono i risultati emersi e quali obiettivi di riduzione avete prefissato?
L: Abbiamo recentemente calcolato l'Impronta Ambientale del Prodotto (PEF) e abbiamo appena ricevuto i risultati.
Il primo strumento che abbiamo utilizzato per misurare il nostro impegno anno dopo anno è stato il bilancio di sostenibilità, il quale è stato per noi un primo passo fondamentale. Ciò ci ha costretto a effettuare misurazioni e a valutarci annualmente. Tuttavia, quest'anno, come hai accennato, ci siamo avvicinati alla misurazione dell'impatto del prodotto. Devo dirti che questo tipo di misurazione nel nostro settore delle fibre naturali è piuttosto controverso, poiché il metodo di calcolo PEF presenta sia punti positivi che importanti lacune. Ad esempio, il calcolo tiene conto solo della vita del prodotto fino al punto vendita, trascurando aspetti cruciali come il rilascio di microplastiche e il ciclo di vita completo, compreso il recupero e il riciclo.
Il processo di calcolo è stato un po' lungo e complesso. Abbiamo ricevuto assistenza da una società di consulenza, la quale ci ha notevolmente agevolato, poiché l'analisi e l'interpretazione dei dati, a mio avviso, richiedono competenze specialistiche. Questa collaborazione ha confermato che le categorie di impatto del nostro prodotto sono collegate per il 90% all'allevamento. Inizialmente, pensavo che il peso fosse molto inferiore, ma evidentemente non è così. Nonostante gli investimenti che possiamo fare nel nostro perimetro sembrino poco significativi, in realtà non è così, poiché nel 10% rimanente c'è spazio per intervenire. Abbiamo quindi concentrato l'analisi su questo 10%, dove possiamo realmente avere un impatto, e è lì che stabiliremo i nostri obiettivi.
C’è da dire che questo tipo di calcolo non può essere considerato una valutazione assoluta sul punteggio di sostenibilità di un prodotto, poiché, ad esempio, non tiene conto degli aspetti sociali. Spero che in futuro, così come ora abbiamo una scheda di prodotto quando vendiamo il nostro prodotto al cliente, avremo anche una scheda ambientale di prodotto. Tutte queste informazioni, insieme ad altre, aiutano il cliente a comprendere meglio il prodotto. Il fine ultimo è fornire degli strumenti al consumatore affinché possano fare scelte consapevoli. Pertanto, aggiungerei che la trasparenza e la tracciabilità dell'intera filiera, con dati relativi agli impatti della filiera, sono fondamentali. Tuttavia, questi dati devono essere tradotti in qualche modo, e su questo fronte c'è ancora molto lavoro da fare.
H2. Tracciabilità e trasparenza nel settore tessile: l’importanza della collaborazione
Cikis: Parlando di trasparenza e condivisione di buone pratiche nel settore, Vitale Barberis Canonico ha creato nel 2014 il Wool Excellence Club, con l'obiettivo di valorizzare la fibra ottenuta attraverso pratiche rispettose dell'ambiente e orientate alla tutela della razza ovina Saxon. Un ulteriore obiettivo del Club è il consolidamento della relazione di fiducia e cooperazione virtuosa con i produttori australiani. Ci racconti un po’ cos’è il Wool Excellence Club e, in generale, com’è possibile coinvolgere i fornitori a monte nel proprio percorso di sostenibilità?
L: Questo tema è di grande rilevanza per noi. Abbiamo istituito questo club con l'obiettivo di preservare un elevato standard di qualità nella produzione di lana. Il nostro intento era riconoscere e, soprattutto, remunerare la qualità in modo completo, non solo in termini di prodotto, ma anche riguardo alla gestione complessiva dell’azienda.
Abbiamo scelto la Saxon Merino perché rappresenta una razza ovina antica, una delle prime allevate in Australia. Si tratta di una pecora di dimensioni ridotte e con una produzione molto limitata, producendo meno di tre kg di lana all'anno, a differenza delle pecore comuni che ne producono cinque/sei kg. Abbiamo iniziato a notare che gli allevatori stavano abbandonando questa qualità che invece a noi interessava, perciò abbiamo pensato di incentivare e sostenere gli allevatori che sceglievano di continuare ad allevare la Saxon Merino.
Il nostro club è composto da 32 allevatori, di cui 25 hanno partecipato alla premiazione finale. La famiglia Taylor, proprietaria di una fattoria in Tasmania dal 1835, è stata l’ultima vincitrice, rappresentando anche una bella storia familiare.
I nostri criteri di selezione sono naturalmente orientati alla qualità, ma comprendono anche una gestione aziendale e ambientale della fattoria. Ad esempio, tutte le nostre fattorie devono aderire alla pratica no-mulesing e seguire un protocollo di animal welfare. In Australia, abbiamo una persona dedicata a mantenere il contatto tra noi e le fattorie, ma anche a facilitare la comunicazione tra le fattorie stesse. Ciò consente lo scambio di idee, osservazioni e la creazione di una rete per collaborare tutti insieme.
Il premio consiste in una somma in denaro che può arrivare fino a 50.000 dollari australiani, a seconda del tipo di produzione. La nostra intenzione è premiare una produzione di lana di qualità e responsabile. A tal fine, abbiamo sviluppato indici che evidenziano e classificano l'intera produzione della fattoria.
Cikis: apprezzo l'approccio positivo della vostra azienda nel sostenere la filiera attraverso incentivi e premi per le aziende che adottano pratiche virtuose. Trovo interessante che oltre al monitoraggio si dia importanza anche alla collaborazione positiva con i fornitori per aiutarli a ridurre i loro impatti ambientali. Spesso nella filiera, si sperimenta la pressione da parte dei clienti senza avere gli strumenti adeguati. Vorrei sapere, a parte il vostro approccio, quale è la tua opinione in generale su questo tema?
M: Innanzitutto, devo dire che si tratta di un lavoro molto impegnativo. Ti ho menzionato questo club al quale partecipano 35 fattorie, ma noi collaboriamo con migliaia di esse. Pertanto, se vogliamo veramente cambiare il sistema, è necessario lavorare tutti insieme a ogni livello della filiera.
Inizialmente, le richieste provenienti dai clienti finali erano un po' teoriche. Tuttavia, oggi si è capito che ascoltare la filiera e collaborare insieme rende molto più semplice raggiungere gli obiettivi. L'unico appunto che sento di dover fare è che a volte si dimentica che la sostenibilità ha un costo, e questo costo deve essere condiviso. Credo che questa consapevolezza non sia ancora stata completamente assimilata, perché, come ripeto spesso, i costi della sostenibilità sono elevati, soprattutto nella produzione e anche nelle fattorie. Pertanto, se il cliente richiede un prodotto realizzato con responsabilità, ciò comporta un costo diverso. Lo stesso discorso vale per la produzione di filati e dobbiamo considerarlo anche nell'acquisto della lana; altrimenti alla fine sono le fattorie a dover sostenere tutto il costo.
Cikis: A proposito di collaborazioni, Vitale Barberis Canonico è un'azienda partner del Monitor for Circular Fashion, nel quale ha presentato il progetto Trace Me: una shopper realizzata con tessuti ottenuti dal riciclo di fibre di lana in collaborazione con la cooperativa sociale QUID. Un altro partner del progetto è stata Temera, azienda leader nelle soluzioni IoT per il settore Fashion/Luxury nonché partner ufficiale di Cikis Studio, il quale ha creato un QR Code che consente di esplorare il prodotto in modo interattivo, fornendo informazioni sulla filiera, fino all'origine della lana. Ritieni che progetti di tracciabilità come Trace Me possano essere implementati su vasta scala? Quali sono state le difficoltà del progetto e i suoi vantaggi, considerando l'imminente normativa sul Digital Product Passport?
L: Mi ha colpito positivamente quel progetto, e, in realtà, è qualcosa che noi potremmo attuare anche domani, considerando che abbiamo l'intera filiera tracciata fino all'Australia e, nella maggior parte dei casi, fino alla fattoria.
In generale, la sfida principale della tracciabilità è imparare a gestirla. Innanzitutto, è necessario che coloro che producono e distribuiscono i capi sul mercato abbiano la volontà di mostrare la loro filiera. In passato, mostrare i propri fornitori era considerato un tabù, ma oggi, con la diminuzione delle manifatture e degli artigiani, ciò ha un valore ancora maggiore per il cliente finale, che può conoscere l'origine del prodotto che acquista. Inoltre, è importante sottolineare che non esiste una sostenibilità assoluta, è necessario fare delle scelte, e senza visibilità sul prodotto che si intende acquistare, queste scelte diventano difficili.
La normativa sul Digital Product Passport rappresenta un'opportunità significativa per la filiera, tradizionalmente rimasta in parte nascosta, offrendo un'occasione per aumentare la nostra visibilità. Tuttavia, riscontro alcune difficoltà nell'applicazione di questa normativa, poiché non ho ancora compreso appieno come sarà messa in pratica. L'idea di assegnare un QR code a ciascun pezzo, che spesso nel nostro caso coinvolge tipi di lana provenienti da molte fattorie per la composizione di un solo tessuto, potrebbe presentare delle sfide gestionali. Tuttavia, sono convinta che, con una solida organizzazione, sia possibile raggiungere questo obiettivo.
Cikis: all'inizio hai parlato delle vostre iniziative, specificando che alcune portano vantaggi economici e altre no. Tirando le somme, secondo te, la sostenibilità ha contribuito al miglioramento delle performance economiche dell'azienda?
L: Credo che la sostenibilità non porti un ritorno immediato, ma, piuttosto, abbia un impatto significativo nel lungo periodo. Ti esprimo questa convinzione con consapevolezza, poiché ritengo che se la gestione dell'azienda non avesse seguito nel corso dei decenni il criterio alla base della sostenibilità, ovvero fare le cose nel modo migliore con il minor impatto possibile, allora la sopravvivenza stessa sarebbe stata compromessa. La sopravvivenza rappresenta il vero ritorno che un'azienda può ottenere. Con 360 anni di attività alle spalle, un obiettivo del genere è possibile solo attraverso un lavoro improntato a tali valori.
Questo problema è rilevante anche perché nei prossimi anni sarà essenziale attirare persone qualificate per lavorare. Se vedono che l'azienda si impegna nel rispetto della sostenibilità, sarà più probabile che desiderino partecipare. Un'impresa deve avere un significato per la comunità, quindi è necessario investire nell'istruzione nelle scuole e diffondere informazioni sulle buone pratiche aziendali. Vedere l'azienda come un luogo che contribuisce al bene comune è fondamentale.
Conclusioni
In un'epoca in cui la sostenibilità è diventata imprescindibile per le aziende, l'esperienza di Vitale Barberis Canonico offre importanti spunti per le aziende del settore moda. La convergenza tra la gestione olistica delle risorse, l'innovazione nella tracciabilità e il coinvolgimento dei fornitori rivela un panorama in cui la sostenibilità non è solo un dovere etico, ma un investimento strategico per il successo a lungo termine.
Le sfide attuali si presentano come opportunità di costruire una filiera sempre più consapevole, trasparente e orientata al benessere collettivo. L'evoluzione normativa imminente, come il Digital Product Passport, offre un terreno fertile per la crescita sostenibile e per incontrare le crescenti aspettative dei consumatori informati.
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