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Life Cycle Assessment: vantaggi e limiti della metodologia

La transizione verso modelli di sviluppo più sostenibili può avvenire solo attraverso un approccio sistemico che consenta di valutare i principali impatti ambientali di un processo, di un prodotto o di un servizio considerando ogni fase del ciclo di vita, in modo tale da individuare le aree di intervento prioritarie.

A tal proposito, il Life Cycle Thinking (LCT), è un approccio che consente di analizzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale di prodotti, servizi, tecnologie e sistemi, considerando tutte le fasi del ciclo di vita dall’estrazione delle materie prime alla gestione del fine vita. 

Tra i principali strumenti che consentono di applicare l’approccio LCT rientra la metodologia Life Cycle Assessment (LCA).

La metodologia LCA nasce dalla consapevolezza che le problematiche ambientali non terminano al “cancello” della fabbrica, ma, al contrario, le fasi di consumo e post consumo presentano degli impatti ambientali non trascurabili rispetto alla produzione.

Definizione del Life Cycle Assessment

 

Secondo la norma ISO 14040:2006 la metodologia LCA è definita come una tecnica di gestione ambientale che consente di identificare e valutare i potenziali impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio durante l’intero ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime fino alla gestione del fine vita.

Il Life Cycle Assessment è impiegato tipicamente per confrontare diverse alternative (prodotti, processi o servizi) che svolgono la stessa funzione con l’obiettivo di individuare la scelta meno impattante oppure per evidenziare le fasi critiche di un sistema, identificando opportunità di miglioramento del profilo ambientale.

La metodologia LCA si limita a valutare gli impatti ambientali e non affronta gli aspetti economici o sociali, per cui sono state definite metodologie specifiche (LCC e S-LCA).

Il Life Cycle Assessment prevede 4 fasi:

  • Definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione;
  • Analisi dell’inventario;
  • Valutazione degli impatti ambientali;
  • Interpretazione.

Stabilire l’obiettivo di uno studio LCA significa definire senza ambiguità le ragioni per cui lo studio viene effettuato e i destinatari ai quali saranno comunicati i risultati dell’analisi. 

La definizione del campo di applicazione prevede la descrizione della tipologia di dati raccolti, dell’unità funzionale (l’unità di misura di riferimento dello studio a cui tutti i dati in ingresso e in uscita sono normalizzati) e dei confini di sistema ovvero le fasi da includere o escludere dallo studio

Lo studio LCA, infatti, può essere eseguito sull’intero ciclo di vita di un prodotto o su una singola fase, a seconda delle esigenze aziendali e in base alle fasi da analizzare.

L’azienda Successori Reda, ad esempio, ha condotto un’analisi del ciclo di vita per valutare le prestazioni ambientali di due tessuti dalla fattoria al cancello della fabbrica  - la cosiddetta analisi “from cradle-to-gate”).

L’unità funzionale è l’unità di misura di riferimento dello studio a cui tutti i dati in ingresso e in uscita sono normalizzati. 

La seconda fase, l’analisi dell’inventario, è quella più lunga e impegnativa di uno studio LCA dal momento che prevede la raccolta dei dati e la quantificazione dei flussi di input e di output, riferiti all’unità funzionale, che sono rilevanti per un determinato prodotto, processo o servizio.

Una volta terminata con la seconda fase, nella terza, ovvero la valutazione degli impatti è necessario trasformare i flussi di input/output in contributi potenziali alle categorie di impatto ambientale (ad esempio si valuta il contributo del gas metano, emesso durante il processo produzione di un capo d’abbigliamento, alla categoria di impatto effetto serra).

L’ultima, fase, l’interpretazione, prevede l’analisi dei risultati ottenuti dall’analisi dell’inventario e della valutazione degli impatti, fornendo pareri conclusivi sullo studio e individuando possibili azioni di miglioramento sulle eventuali criticità ambientali rilevate.

LCA e la comunicazione di sostenibilità


Nel settore della moda il greenwashing risulta essere, purtroppo, una pratica molto frequente da parte delle aziende, le quali spesso condividono con i consumatori informazioni poco chiare, credibili e non trasparenti. 

Infatti, dal Report Synthetics Anonymous della Changing Markets Foundation emerge che il 59% delle affermazioni fatte da aziende di moda europee e britanniche è fuorviante o infondato.

Per evitare pratiche di greenwashing da parte delle aziende la famiglia della norma ISO 14020 definisce regole comuni nel campo delle etichette e delle dichiarazioni ambientali, al fine di evitare distorsioni dei meccanismi della libera concorrenza e di impedimento alla circolazione delle merci.

L’obiettivo della norma è di favorire la domanda e la fornitura di prodotti meno impattanti per l’ambiente, comunicando informazioni accurate, verificabili e non fuorvianti.

La norma definisce tre tipologie di etichette ambientali, disciplinate a loro volta da differenti norme. Tra queste le etichette ambientali di tipo 1 e di tipo 3  si basano su studi LCA.

Le etichette ambientali di tipo 1 (ISO 14024) sono basate su un set di criteri ambientali individuati come rilevanti e certificati da un organismo indipendente. Tali etichette sono rilasciate solo a prodotti che superano certi requisiti minimi. 

Un esempio è l’Ecolabel Europeo, il marchio di qualità ecologica dell’UE che contraddistingue prodotti e servizi che sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita (approccio Life Cycle Assessment), mantenendo allo stesso tempo standard prestazionali elevati.

Le etichette ambientali di tipo III (ISO 14025) o dichiarazioni ambientali forniscono dati quantitativi sul profilo ambientale di un prodotto calcolato secondo la metodologia Life Cycle Assessment (LCA). 

Per tali etichette non è richiesto il superamento di una soglia minima di accettabilità ma la verifica di un organismo indipendente. 

Inoltre, è richiesto il rispetto di un formato nella comunicazione dei dati che renda più semplice il confronto tra prodotti differenti. 

Un esempio di etichette ambientali di tipo III è l’Environmental Product Declaration (EPD), che consente di riportare in modo trasparente dati oggettivi, comparabili e verificati da terze parti sulle prestazioni ambientali di prodotti e servizi sulla base di uno studio LCA.

Per facilitare il confronto degli impatti ambientali di un medesimo prodotto o servizio, è necessario stabilire delle regole di categoria di prodotto (PCR), ovvero documenti che definiscono i principi e i requisiti per la stesura delle EPD di una specifica categoria di prodotto/servizio.

Di conseguenza per agevolare la comunicazione dei risultati raggiunti, le EPD che si basano sulle stesse regole di categoria di prodotto (PCR), sono comparabili tra loro.

I vantaggi e i limiti della metodologia LCA
 

L’applicazione della metodologia LCA consente di valutare i potenziali impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio nel suo intero ciclo di vita. 

Ciò consente, da un lato, di confrontare due differenti alternative, con l’obiettivo di scegliere la soluzione meno impattante, ma anche di analizzare tutte le fasi di un processo produttivo al fine di individuare le aree prioritarie di intervento e, di conseguenze, delle azioni per migliorare le criticità individuate.

Inoltre, come anticipato in precedenza, uno studio LCA può essere alla base della comunicazione da parte delle aziende delle prestazioni ambientali di un prodotto verso gli stakeholder.

Il mercato è sempre più alla ricerca di dati oggettivi e verificabili da parte delle aziende per comunicare il profilo ambientale di un determinato prodotto, processo o servizio.

Di conseguenza, le etichette ambientali di tipo 1 e di tipo 3, consentono di condividere i risultati all’esterno di uno studio di Life Cycle Assessment condotto su un prodotto in modo oggettivo e senza il rischio di greenwashing.

Nonostante tali vantaggi, la metodologia presenta diversi limiti e criticità.

In generale oltre all’assenza di dati per effettuare studi su alcuni tipi di prodotti e processi, la metodologia LCA valuta gli impatti ambientali potenziali e non reali. 

Il LCA, infatti, è un metodo "site-indipendent" e non “site-specific”. 

Ciò significa che la metodologia calcola gli effetti ambientali globali o regionali e non locali. 

In altre parole le emissioni di solventi potrebbero avere impatti insignificanti a livello globale, ma potrebbero causare rilevanti effetti sulla salute umana e sugli ecosistemi naturali a livello locale.

I limiti della metodologia sono evidenti anche nel settore tessile dal momento che alcuni impatti non vengono considerati o valutati solo parzialmente a livello locale, come ad esempio il rumore generato dai macchinari e le polveri emesse dai processi produttivi.

Inoltre, altre tipologie di impatti ambientali come: l’irrigazione e l’uso di pesticidi chimici nei campi di cotone e gli impatti ambientali delle sostanze chimiche impiegate per le fonti idriche sono considerate solo in modo parziale.

Dal lavoro condotto dal Fashion Industry Charter for Climate Action, “Identifying Low Carbon Sources of Cotton and Polyester Fibers” emergono alcuni fattori e lacune nei dati degli LCA che non consentono un confronto appropriato delle prestazioni ambientali di una fibra rispetto a un’altra.

Lo studio, che si focalizza sul confronto tra le diverse tipologie di cotone (convenzionale, biologico, riciclato, rigenerativo, ecc) e tra i diversi tipi di poliestere (bio-based, riciclato meccanicamente o chimicamente), stabilisce che i vari LCA che sono stati effettuati nel tempo sulle varie tipologie di fibre non sono paragonabili a causa delle seguenti problematiche:

  • Dati non aggiornati: gli studi LCA su cotone e poliestere sono modellati su dati relativi alle fibre aggiornati a circa 10 anni fa. Fattori come: il cambiamento delle condizioni climatiche, del suolo e delle pratiche agricole utilizzate non garantiscono un appropriato confronto tra le prestazioni ambientali delle fibre;
  • Utilizzo di diversi software e dabatase per uno studio LCA: la scelta di database e software diversi induce un grado significativo di variabilità nei risultati LCA. I risultati possono anche variare in base alle versioni dei database che possono contenere dati aggiornati rispetto ai precedenti database;
  • Utilizzo di diverse metodologie di LCA: in uno studio LCA è possibile utilizzare differenti tipi di valutazione degli impatti ambientali. A tal proposito, per ogni tipologia potrebbero variare i fattori di caratterizzazione che potrebbero condurre a risultati incomparabili tra loro.

Per affrontare tali problematiche potrebbe essere necessario aumentare l’uso di dati aggiornati e specifici del sito, con l’obiettivo di fornire una valutazione più completa e precisa possibile.

Case study di aziende che hanno effettuato uno studio LCA

 

Nonostante alcuni limiti, la metodologia LCA è considerata uno strumento fondamentale di valutazione degli impatti ambientali e di comunicazione di dati oggettivi e verificabili sulle prestazioni ambientali di un prodotto, processo o servizio.

Analizziamo ora alcuni case study di aziende virtuose che hanno adottato la metodologia LCA:

  • Filpucci: azienda leader nella creazione di filati fantasia per la maglieria di alta gamma e per aguglieria, ha condotto uno studio LCA sui diversi filati riciclati di loro produzione, attraverso il quale sono stati valutati gli impatti ambientali, durante tutto il ciclo di vita del prodotto, confrontando i risultati ottenuti con un filato equivalente realizzato a partire da materie prime vergini;
  • Levi Strauss & Co. (LS&Co.): una delle più grandi aziende di abbigliamento al mondo e leader mondiale nei jeans ha condotto il primo studio di valutazione del ciclo di vita (LCA) nel settore dell'abbigliamento nel 2007 per valutare l'impatto dell'intero ciclo di vita di un set di prodotti di base. Nel 2013 ha avviato un nuovo studio LCA su 3 tipologie di prodotti che si è concluso nel 2015;
  • MUD Jeans: è il primo marchio di denim circolare al mondo e pubblica ogni anno gli studi di LCA per confrontare i propri impatti rispetto agli anni passati e rispetto gli altri marchi di moda;
  • Successori Reda: azienda leader nella produzione di tessuti in lana merino per l’abbigliamento maschile. Dopo aver condotto uno studio LCA ha comunicato i risultati ottenuti tramite un EPD in collaborazione con The New Zealand Merino Company Ltd. Lo studio ha valutato le prestazioni ambientali di due Tessuti Reda dalla fattoria al cancello della fabbrica.

Conclusioni

 

La metodologia LCA è uno degli strumenti più utili per applicare l’approccio Life Cycle Thinking (LCT) per analizzare la sostenibilità ambientale di prodotti, processi e servizi considerando tutte le fasi del ciclo di vita dall’estrazione delle materie prime alla gestione del fine vita.

Uno studio LCA è utile per agevolare le decisioni strategiche in azienda, sia per quanto riguarda la scelta tra due diverse alternative di prodotti, ma anche per ottimizzare le prestazioni ambientali dei processi aziendali.

La metodologia, inoltre, rappresenta uno strumento di marketing che consente di comunicare i dati del profilo ambientale di un prodotto, processo o servizio in modo oggettivo e verificabile, contrastando le pratiche del greenwashing. 

Tuttavia, il LCA presenta ancora dei limiti dal momento che si focalizza prevalentemente su impatti globali o regionali. Da ciò nasce l’esigenza di maggiori dati “site specific”.

La metodologia LCA presenta anche altre criticità che includono l’utilizzo di metodologie differenti di valutazione degli impatti ambientali, di software e database diversi e, in alcuni casi, l’analisi di dati non aggiornati.

Infine, la realizzazione di uno studio di Life Cycle Assessment necessita di competenze adeguate nelle fasi di raccolta, elaborazione e interpretazione dei dati.

Per questo motivo Cikis supporta la tua azienda nel condurre uno studio LCA, evitando di commettere errori che potrebbero compromettere i risultati dell’analisi.

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Claudio Ventura
Esperto in economia circolare

Dopo aver conseguito la laurea in Economia Aziendale (percorso in Eco-management), ha approfondito ulteriormente le tematiche legate alla sostenibilità ambientale ottenendo un Master di II Livello in Economia Circolare presso il Politecnico di Bari.

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